Nei film classici americani, gli empori e le drogherie sono più di semplici sfondi: sono luoghi pulsanti di vita, teatri di scambi umani e commerciali che riflettono un'epoca passata. C'è qualcosa di magicamente nostalgico nel vedere gli scaffali stipati di bottigliette e prodotti di ogni tipo, che evocano un senso di abbondanza e semplicità d'altri tempi. Questi spazi commerciali diventano palcoscenici dove i protagonisti dimostrano il loro talento negli affari, spesso in scene cruciali per lo sviluppo della trama.
La mia fascinazione per questi luoghi nei film deriva dalla capacità dei registi e degli sceneggiatori di trasformarli in ambienti dove si svolge l'arte del commercio. Un altro aspetto affascinante è il modo in cui venivano confezionati i pacchi: ogni gesto, ogni piega di carta, raccontava una storia di cura e attenzione al dettaglio, riflettendo un'epoca in cui il tempo aveva un altro ritmo e ogni oggetto aveva il suo valore specifico.
In questo articolo vi mostrerò come questi spazi commerciali sono stati ritratti in alcuni film iconici, mostrando non solo l'abilità dei venditori ma anche i momenti di acquisto che hanno definito personaggi e narrativa.
Cosa erano di preciso questi Empori? Prendo in prestito questa definizione che è stata data nel film noir "Tensione" del 1949.
"Come sapete
questi empori hanno proprio di tutto. Frutta secca e radio, purgativi e
giradischi, vitamine e pistole giocattolo. Potete farvi servire una
tazza di caffè, comprare un pacchetto di sigarette o dei francobolli e
perfino farvi compilare una ricetta medica."
Caratterizzati da grandi insegne di legno, dipinte con cura, che recavano scritte come "General Store", "Mercantile", "Drugstore", "Pharmacy", o "Emporium", che non erano solo un richiamo pubblicitario, ma un simbolo dell'orgoglio e dell'identità del proprietario, un segno di riconoscimento all'interno della comunità .
Altrettanto caratteristiche erano le vetrine di questi negozi, spesso allestite con grande attenzione per attirare l'occhio del passante. Le vetrine riflettevano non solo i prodotti offerti, ma anche la personalità e lo stile del proprietario, oltre che un certo spirito del tempo, racchiudendo in sé una sorta di microcosmo visivo dell'abbondanza e della varietà di merci disponibili all'interno.
Altri due elementi distintivi sono è il campanello sulla porta e il ding del registratore di cassa. Il campanello che suona ogni volta che entra un nuovo cliente, segnalando ai commessi impegnati nel retro bottega la presenza di qualcuno, ricorda un'epoca in cui il servizio personalizzato era la norma e ogni cliente veniva accolto con attenzione. Inoltre, il "ding" del registratore di cassa, un altro suono distintivo, segnava la conclusione di ogni transazione, un suono che sottolineava il successo commerciale e la soddisfazione del cliente.
Infine altro elemento tipico di questi ambienti era la pratica comune di
"segnare in conto". Molti clienti compravano a credito, una scelta
dettata sicuramente dalla poca diffusione di moneta nell'uso quotidiano,
ma anche un segno di fiducia e rapporto stretto tra negozianti e
clientela, riflettendo un'epoca in cui la fiducia reciproca era un
valore fondamentale.
Ora che ve li ho descritti per bene, passiamo ai film in cui questi empori sono comparsi.
1) Scrivimi fermo posta (1940)
Non potevo non partire dal film ambientato in gran parte dentro un emporio, quello del signor Matuschek.
La scena che vi voglio raccontare è quella in cui il proprietario vorrebbe ordinare un gran numero di scatole per sigari che riproducono la canzone popolare russa "Ochi Chornya". Tuttavia, il suo commesso Kralik, interpretato da James Stewart, lo dissuade dall'acquisto, argomentando che la natura malinconica della melodia potrebbe risultare fastidiosa per i clienti che desiderano semplicemente concedersi una sigaretta.Nel negozio entra Klara, che non è lì per fare acquisti, ma per parlare con il titolare. Klara, dimostrando un acuto senso degli affari e un'efficace strategia comunicativa, nota il cartello della vendita estiva e suggerisce che l'aumento della clientela richiederà più personale. Dopo aver discusso le sue precedenti esperienze lavorative e un breve malinteso con il proprietario, che la ascolta di nascosto, Klara viene inizialmente rifiutata per il lavoro.
In un intreccio inaspettato, un commesso informa Matuschek che qualcuno è interessato alla scatola musicale, ma si rivela essere la stessa Klara. Matuschek la interroga sulla scatola, e Klara, abilmente, esalta il valore del prodotto, attirando l'attenzione di una signora nelle vicinanze. Quando la signora chiede se la scatola possa essere usata per i confetti, Klara risponde prontamente affermando di sì e descrivendo il prodotto come unico nel suo genere. La signora è incerta perché ritiene la melodia troppo triste, ma Klara la convince che proprio per questo motivo la scatola è perfetta: la sua musica malinconica può servire da monito per chi consuma troppi dolci, spingendo alla riflessione.
Alla domanda sul prezzo, Klara propone una cifra ancora più alta di quella suggerita inizialmente da Matuschek, dando l'impressione che sia un'offerta speciale. La signora, convinta dall'argomentazione di Klara e dall'apparente vantaggio economico, decide di acquistare la scatola. Questa scena non solo mette in luce le notevoli capacità di venditrice di Klara, ma sottolinea anche la sua capacità di comprendere la psicologia del cliente e di adattare il suo approccio di vendita di conseguenza. Il risultato è che Klara viene assunta, riconoscendo così le sue innate doti di venditrice.
2) Non siamo angeli (1950)
La trama di questo film ruota attorno a tre forzati evasi dall'Isola del Diavolo, nella Guyana francese. Joseph, Julius e Albert, durante la Vigilia di Natale, cercano di imbarcarsi su una nave diretta in Francia, ma un'imprevista quarantena li costringe a rifugiarsi nell'emporio del paese gestito da Felix Ducotel, dove si offrono di lavorare per lui, inizialmente con l'intento di derubarlo. Felix vive con la moglie Amelie e la figlia Isabella e l'emporio non naviga in buone acque finanziarie. I tre forzati, tuttavia, cominciano ad aiutare sinceramente la famiglia.
Un divertente siparietto si svolge tra il signor Ducotel e Madame Parole, che arriva per comprare del liquore chartreuse, destinato al consueto regalo natalizio al marito. In cambio, lui le regala biscotti, che poi finisce per mangiare lui stesso, lasciando a lei l'incombenza di bere il chartreuse.
In un'altra scena esilarante, Bogart dimostra le sue grandi doti di imbonitore facendo provare una giacca evidentemente troppo piccola a un cliente. Dopo aver finto di andare in magazzino a cercarne una più grande, torna con la stessa giacca e convince l'uomo che va benissimo. Al suo capo perplesso Bogart risponde "Io non vendo solo la merce, vendo le idee”. Tornato dal cliente gli porge la giacca dicendo “Siete davvero fortunato, questa è l’ultima rimasta". Poi invita l'uomo a tirare bene fuori il petto e le spalle, persuadendolo che la giacca sia perfetta per lui. "Che differenza, due misure più grandi e sembrate un giovanottino", conclude, usando il suo carisma e astuzia per persuadere il cliente, giocando sull'orgoglio e la vanità dell'uomo.
dal min. 6.50
Queste scene illustrano il tono leggero e giocoso del film e la capacità dei personaggi di adattarsi e manipolare le situazioni a loro vantaggio, nonostante le circostanze sfavorevoli.
3) "La Lunga Estate Calda" (1958)
Nel film galeotto per la nascita dell'amore tra una delle coppie più longeve della storia di Hollywood, Paul Newman e Joanne Woodward, il personaggio di Ben Quick, interpretato da Newman, si rivela un abile venditore con un approccio a tratti audace e un po' sfrontato. Arrivato in una piccola cittadina del Mississippi, Ben si fa notare dal potente Will Varner, che decide di affidargli un ruolo nell'emporio di famiglia, con la speranza di stimolare il figlio Jody a mostrare più iniziativa.
La lungimiranza e l'efficacia nelle vendite di Ben vengono messe in luce in una scena dove Varner, fuori dall'emporio, lo presenta ai clienti con parole di elogio: "Basta col vecchio, avanti col nuovo. Lo stesso negozio, lo stesso bancone però c'è una scopa nuova". Varner prosegue con un'affermazione sottolineante la capacità di Ben di adattarsi e imparare: "Il cane vecchio non impara nuovi giochi, però ad un cucciolo volenteroso hai voglia di insegnarne di cose". E aggiunge, mostrando fiducia nelle sue doti di venditore: "Dategli tempo, quello riuscirebbe a vendervi la sabbia nel deserto del Sahara".
In un'altra scena serale, Clara, la figlia di Varner, osserva Ben mentre riorganizza l'esposizione di vestiti nell'emporio, per fare in modo che “le signore possano vederli appena entrano”. "Sembra saperla lunga sulle donne" dice Clara, e lui le risponde con una certa sfrontatezza "Beh, so come farle spendere".
La sua conoscenza del pubblico femminile si estende anche alla vendita di prodotti di bellezza, come lozioni, acqua di rose e antiefelidi, ma si scontra con la sua diffidenza dicendo “A lei non si vende”. dimostrando una versatilità e un'intuizione notevoli. Quando Clara richiede un rimedio per il mal di testa, Ben risponde prontamente: "Ho qualunque tipo di prodotto farmaceutico ma mal di testa non ne ho, perché non ho problemi, io". “E neanche scrupoli” si affretta ad aggiungere lei, iniziando un battibecco che anticipa il bacio che si arriveranno a scambiarsi.
Queste scene evidenziano la capacità di Ben di comprendere e sfruttare le esigenze dei clienti, unendo una naturale inclinazione per le vendite a un atteggiamento a volte provocatorio, ma sempre efficace nel suo contesto.
- venerdì, novembre 17, 2023
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