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Ci sono film che entrano nel cuore di chi li guarda e ci restano per sempre.
"Operazione sottoveste" è sicuramente uno di questi: un vero e proprio cult che, da anni, riceve un amore travolgente da parte del pubblico. Ogni volta che ne segnalo il passaggio in TV, siete voi, con i vostri racconti pieni di entusiasmo, a ricordarmi quanto questo film abbia significato per tantissime persone. Per alcuni è una pellicola terapeutica, capace di far sorridere e alleggerire il cuore anche nei momenti più difficili; per altri, è un tuffo nostalgico in un’epoca di cinema brillante, elegante e ironico come poche altre.
Lo so, questo articolo si è fatto attendere a lungo, ma posso promettervi che l’attesa sarà ampiamente ripagata. Vi accompagnerò attraverso i retroscena, le curiosità e le storie straordinarie che hanno contribuito a rendere unica questa commedia, da record non solo per la sua qualità ma anche per il successo economico e l’impatto culturale che ha avuto.
E se vi dicessi che, durante le riprese, Cary Grant si è lasciato andare a una delle interviste più esplosive della sua carriera, scatenando uno scandalo che ha fatto tremare Hollywood? Una storia di segreti, accuse e cause legali.
Preparatevi, dunque, a immergervi (è proprio il caso di dirlo) nei meandri di un film che non è solo una commedia irresistibile, ma anche una finestra sulla Hollywood dell’epoca d’oro. Scopriremo insieme come un sottomarino rosa e un cast stellare abbiano dato vita a un cult senza tempo. Pronti a salpare? Cominciamo!
E se vi dicessi che, durante le riprese, Cary Grant si è lasciato andare a una delle interviste più esplosive della sua carriera, scatenando uno scandalo che ha fatto tremare Hollywood? Una storia di segreti, accuse e cause legali.
Preparatevi, dunque, a immergervi (è proprio il caso di dirlo) nei meandri di un film che non è solo una commedia irresistibile, ma anche una finestra sulla Hollywood dell’epoca d’oro. Scopriremo insieme come un sottomarino rosa e un cast stellare abbiano dato vita a un cult senza tempo. Pronti a salpare? Cominciamo!
(nella mia testa è partito "Questo è Morning, cominciamo" come dice Francesco Costa)
Il titolo originale è Operation Petticoat, ed è un film del 1959 diretto da Blake Edwards con Cary Grant e Tony Curtis.
La trama in breve: il sommergibile Sea tiger viene rimesso parzialmente in sesto dopo un bombardamento, grazie alle capacità "inventive" dell'ufficiale Nick Holden, così può riprendere i suoi spostamenti nel Pacifico, al comando del capitano Sherman. Dopo l'approdo per rifornimenti su un'isoletta, Holden ottiene che vengano imbarcate alcune donne-ufficiale rimaste tagliate fuori dai reparti.
Alcune scene del film |
Foto promozionali |
Trailer originale:
Nel luglio del 1957, la Universal acquista i diritti di una storia originale scritta da Paul King e Joseph Stone, un racconto che mescola con abilità realtà storica e situazioni esilaranti. Alla base c’è l’idea di un sottomarino danneggiato durante la Seconda Guerra Mondiale che, in un susseguirsi di situazioni improbabili ma credibili, finisce per accogliere a bordo cinque infermiere dell’esercito e alcune famiglie filippine, incluse donne incinte.
L’idea è ambiziosa, ma il progetto rimane nel cassetto per più di un anno, in attesa di trovare il cast giusto e il momento adatto per la produzione. Nel frattempo, Stanley Shapiro e Maurice Richlin iniziano a lavorare alla sceneggiatura, aggiungendo dettagli ispirati a episodi curiosi e reali della storia navale americana.
Tra questi spiccano il Sea Dragon, un sottomarino il cui primer rosso lo rendeva un bersaglio perfetto, il USS Bowfin, che durante la guerra silurò per errore un autobus terrestre, e le due donne indigene che partorirono a bordo del USS Geta.
L’idea è ambiziosa, ma il progetto rimane nel cassetto per più di un anno, in attesa di trovare il cast giusto e il momento adatto per la produzione. Nel frattempo, Stanley Shapiro e Maurice Richlin iniziano a lavorare alla sceneggiatura, aggiungendo dettagli ispirati a episodi curiosi e reali della storia navale americana.
Tra questi spiccano il Sea Dragon, un sottomarino il cui primer rosso lo rendeva un bersaglio perfetto, il USS Bowfin, che durante la guerra silurò per errore un autobus terrestre, e le due donne indigene che partorirono a bordo del USS Geta.
Per portare il progetto sul grande schermo, la Universal affida la produzione a Robert Arthur, che coinvolge Blake Edwards, regista emergente con un talento innato per la commedia sofisticata. Edwards e gli sceneggiatori plasmano una sceneggiatura che bilancia umorismo e credibilità , inserendo nella trama uno degli elementi più iconici del film: il sottomarino rosa. Come ricorda Richlin: “Il rosa è un colore che fa ridere gli sceneggiatori. Quando lo inserimmo nel film, diventò subito l’elemento distintivo della trama e uno dei motivi per cui Operazione sottoveste rimane così memorabile.”
Dopo il travolgente successo di A qualcuno piace caldo (di questo film ve ne ho parlato qui), Tony Curtis è la star del momento. La Universal, intenzionata a sfruttare il suo carisma e la sua popolarità , gli propone un nuovo progetto e gli chiede che tipo di film vorrebbe fare. Curtis, senza esitazioni, risponde: “Una commedia ambientata su un sottomarino.” Il progetto di Operazione sottoveste sembra perfetto, e Curtis viene scritturato per interpretare il ruolo del tenente Nick Holden, un ufficiale opportunista e imbroglione, ma dal grande fascino.
La Universal, nel frattempo, ha già scelto Jeff Chandler per il ruolo del comandante Matt Sherman, un ufficiale pragmatico e ironico, perfettamente complementare al personaggio di Curtis. Ma i piani cambiano quando Chandler viene prestato alla Paramount per il film The Jayhawkers. Rimasti senza protagonista, i produttori considerano Robert Taylor per il ruolo, ma l’idea non entusiasma Curtis, che ha una proposta ben precisa: “Voglio Cary Grant.”
Per Curtis, Cary Grant è molto più di un attore: è un’icona e un modello. Da ragazzo, guardando Destinazione Tokyo, Curtis rimase così impressionato dalla classe di Grant che decise di arruolarsi nel servizio sottomarini durante la guerra. Anni dopo, in A qualcuno piace caldo, Curtis rese omaggio al suo idolo imitando il suo accento per il personaggio del miliardario, un tributo personale e affettuoso. Curtis sente che Grant è perfetto per il ruolo di Sherman e insiste perché venga contattato.
La Universal non è subito convinta e tenta di proporre alternative, arrivando persino a offrire a Curtis una parte dei guadagni di Robert Taylor come incentivo per accettarlo come co-protagonista. Ma Curtis non cambia idea: “Se vogliamo che questo film funzioni, serve Cary Grant.” Così Robert Arthur fa arrivare il copione a Grant che accetta il ruolo firmando un contratto che include un compenso di 300.000 dollari, una limousine con autista, un bungalow privato nel lotto della Universal e una percentuale del 25% sui profitti del film (una mossa che si rivelerà vincente).
Con Grant a bordo, il budget del film passa da 1 a 3 milioni, e la Universal decide di girarlo a colori, trasformando il sottomarino rosa in un’icona visiva del film. Pare che il ruolo di Sherman sia stato anche offerto ad un certo punto a Bob Hope, che però lo rifiuta. Anni dopo, Hope definirà questa decisione come “il più grande rimorso della mia carriera.”
Curtis e Grant creano un sodalizio perfetto, riuscendo a bilanciare i loro stili di recitazione in modo armonioso. Il tenente Nick Holden, interpretato da Tony Curtis, potrebbe sembrare a prima vista un ufficiale cerimoniale inutile, il classico "belloccio" buono solo per ballare con la moglie dell'ammiraglio. Ma si rivela un personaggio fondamentale, il perfetto "procacciatore" di attrezzature e provviste necessarie per rimettere in funzione il sottomarino.
Curtis dimostra una straordinaria capacità di modulare il suo personaggio, adattandolo allo stile elegante e misurato di Cary Grant, un maestro consumato della commedia. In una delle scene più memorabili, Holden si dedica al furto di maiali per procurare carne all'equipaggio. Ci si aspetterebbe una sequenza slapstick, piena di cadute e confusione. Invece, Curtis sorprende tutti con un approccio raffinato: valuta ogni maiale con un delicato tocco a due dita, come se stesse scegliendo frutta fresca al mercato. È un dettaglio che eleva il momento, trasformandolo in una scena sofisticata e perfettamente in linea con l'umorismo sottile che permea il film.
Venendo ai ruoli femminili di Operazione sottoveste, è Cary Grant a suggerire il nome di Dina Merrill per il cast. Oltre a essere un’attrice di talento, è una parente acquisita di Grant attraverso il suo precedente matrimonio con Barbara Hutton, cugina di Dina. Proveniente da una delle famiglie più facoltose degli Stati Uniti, Merrill è erede del colosso di cereali Post, ma è anche determinata a costruire una carriera di successo nel cinema, dimostrando di avere molto più di un semplice cognome prestigioso. Debutta nel 1957 accanto a Spencer Tracy e Katharine Hepburn in La segretaria quasi privata, interpretando Sylvia. Continua a lavorare in commedie leggere, come Come svaligiare una banca con Mickey Rooney, e C’era una volta un piccolo naviglio di Norman Taurog, con Jerry Lewis. Quando Grant propone il suo nome per il cast di Operazione sottoveste, Merrill è entusiasta, immaginando di poter interpretare l’interesse amoroso di Grant. Ma le cose prendono una piega inaspettata. Merrill scopre che il ruolo richiede alcune gag legate a caratteristiche fisiche specifiche, tra cui un imponente misura del petto, che lei non possiede. “E il padding (cioè con l’imbottitura)?”, propone scherzosamente Merrill, ma Grant, ridendo, la rassicura che le sarebbe stata trovata una parte perfetta per le sue caratteristiche. Alla fine, le viene assegnato il personaggio del tenente Barbara Duran l’interesse romantico del personaggio di Tony Curtis, il tenente Nick Holden. Questa scelta si rivela vincente, poiché la chimica tra Merrill e Curtis sullo schermo aggiunge un tocco di ironia e romanticismo al film.
Per il ruolo della tenente Dolores Crandall, l’infermiera procace e goffa che riesce a conquistare il cuore di Cary Grant, la produzione sceglie Joan O’Brien, un’attrice dal fascino spontaneo e dal talento versatile. Scoperta appena tredicenne dalla star del country Cliffie Stone per la sua bella voce, Joan diventa nel giro di pochi anni una presenza fissa nei programmi televisivi musicali Hometown Jamboree e The Bob Crosby Show, dove si esibisce regolarmente, conquistando il pubblico con le sue doti canore.
Dopo Operazione sottoveste, la O’Brien partecipa a due celebri western accanto a John Wayne: La battaglia di Alamo e I comanceros. Prosegue poi con ruoli in commedie come Sherlocko... investigatore sciocco con Jerry Lewis e Bionde, rosse, brune... dove recita accanto a Elvis Presley nel ruolo di un’infermiera (in quel periodo intreccerà una breve relazione sentimentale con il re del rock).
La Universal, nel frattempo, ha già scelto Jeff Chandler per il ruolo del comandante Matt Sherman, un ufficiale pragmatico e ironico, perfettamente complementare al personaggio di Curtis. Ma i piani cambiano quando Chandler viene prestato alla Paramount per il film The Jayhawkers. Rimasti senza protagonista, i produttori considerano Robert Taylor per il ruolo, ma l’idea non entusiasma Curtis, che ha una proposta ben precisa: “Voglio Cary Grant.”
Per Curtis, Cary Grant è molto più di un attore: è un’icona e un modello. Da ragazzo, guardando Destinazione Tokyo, Curtis rimase così impressionato dalla classe di Grant che decise di arruolarsi nel servizio sottomarini durante la guerra. Anni dopo, in A qualcuno piace caldo, Curtis rese omaggio al suo idolo imitando il suo accento per il personaggio del miliardario, un tributo personale e affettuoso. Curtis sente che Grant è perfetto per il ruolo di Sherman e insiste perché venga contattato.
La Universal non è subito convinta e tenta di proporre alternative, arrivando persino a offrire a Curtis una parte dei guadagni di Robert Taylor come incentivo per accettarlo come co-protagonista. Ma Curtis non cambia idea: “Se vogliamo che questo film funzioni, serve Cary Grant.” Così Robert Arthur fa arrivare il copione a Grant che accetta il ruolo firmando un contratto che include un compenso di 300.000 dollari, una limousine con autista, un bungalow privato nel lotto della Universal e una percentuale del 25% sui profitti del film (una mossa che si rivelerà vincente).
Con Grant a bordo, il budget del film passa da 1 a 3 milioni, e la Universal decide di girarlo a colori, trasformando il sottomarino rosa in un’icona visiva del film. Pare che il ruolo di Sherman sia stato anche offerto ad un certo punto a Bob Hope, che però lo rifiuta. Anni dopo, Hope definirà questa decisione come “il più grande rimorso della mia carriera.”
Curtis e Grant creano un sodalizio perfetto, riuscendo a bilanciare i loro stili di recitazione in modo armonioso. Il tenente Nick Holden, interpretato da Tony Curtis, potrebbe sembrare a prima vista un ufficiale cerimoniale inutile, il classico "belloccio" buono solo per ballare con la moglie dell'ammiraglio. Ma si rivela un personaggio fondamentale, il perfetto "procacciatore" di attrezzature e provviste necessarie per rimettere in funzione il sottomarino.
Curtis dimostra una straordinaria capacità di modulare il suo personaggio, adattandolo allo stile elegante e misurato di Cary Grant, un maestro consumato della commedia. In una delle scene più memorabili, Holden si dedica al furto di maiali per procurare carne all'equipaggio. Ci si aspetterebbe una sequenza slapstick, piena di cadute e confusione. Invece, Curtis sorprende tutti con un approccio raffinato: valuta ogni maiale con un delicato tocco a due dita, come se stesse scegliendo frutta fresca al mercato. È un dettaglio che eleva il momento, trasformandolo in una scena sofisticata e perfettamente in linea con l'umorismo sottile che permea il film.
Venendo ai ruoli femminili di Operazione sottoveste, è Cary Grant a suggerire il nome di Dina Merrill per il cast. Oltre a essere un’attrice di talento, è una parente acquisita di Grant attraverso il suo precedente matrimonio con Barbara Hutton, cugina di Dina. Proveniente da una delle famiglie più facoltose degli Stati Uniti, Merrill è erede del colosso di cereali Post, ma è anche determinata a costruire una carriera di successo nel cinema, dimostrando di avere molto più di un semplice cognome prestigioso. Debutta nel 1957 accanto a Spencer Tracy e Katharine Hepburn in La segretaria quasi privata, interpretando Sylvia. Continua a lavorare in commedie leggere, come Come svaligiare una banca con Mickey Rooney, e C’era una volta un piccolo naviglio di Norman Taurog, con Jerry Lewis. Quando Grant propone il suo nome per il cast di Operazione sottoveste, Merrill è entusiasta, immaginando di poter interpretare l’interesse amoroso di Grant. Ma le cose prendono una piega inaspettata. Merrill scopre che il ruolo richiede alcune gag legate a caratteristiche fisiche specifiche, tra cui un imponente misura del petto, che lei non possiede. “E il padding (cioè con l’imbottitura)?”, propone scherzosamente Merrill, ma Grant, ridendo, la rassicura che le sarebbe stata trovata una parte perfetta per le sue caratteristiche. Alla fine, le viene assegnato il personaggio del tenente Barbara Duran l’interesse romantico del personaggio di Tony Curtis, il tenente Nick Holden. Questa scelta si rivela vincente, poiché la chimica tra Merrill e Curtis sullo schermo aggiunge un tocco di ironia e romanticismo al film.
Per il ruolo della tenente Dolores Crandall, l’infermiera procace e goffa che riesce a conquistare il cuore di Cary Grant, la produzione sceglie Joan O’Brien, un’attrice dal fascino spontaneo e dal talento versatile. Scoperta appena tredicenne dalla star del country Cliffie Stone per la sua bella voce, Joan diventa nel giro di pochi anni una presenza fissa nei programmi televisivi musicali Hometown Jamboree e The Bob Crosby Show, dove si esibisce regolarmente, conquistando il pubblico con le sue doti canore.
Dopo Operazione sottoveste, la O’Brien partecipa a due celebri western accanto a John Wayne: La battaglia di Alamo e I comanceros. Prosegue poi con ruoli in commedie come Sherlocko... investigatore sciocco con Jerry Lewis e Bionde, rosse, brune... dove recita accanto a Elvis Presley nel ruolo di un’infermiera (in quel periodo intreccerà una breve relazione sentimentale con il re del rock).
Altri membri del cast includono attori che avrebbero trovato il loro successo definitivo negli anni Sessanta e Settanta, diventando volti iconici della televisione americana. Tra questi spicca Gavin MacLeod, che interpreta il marinaio Hunkle e che diventerà celebre per i suoi ruoli in serie di culto come Love Boat e Un equipaggio tutto matto. C’è poi Marion Ross, che qui recita in un ruolo minore ma che anni dopo sarebbe entrata nel cuore del pubblico come l’indimenticabile Marion Cunningham, la mamma di Happy Days. Infine, troviamo Dick Sargent, noto soprattutto per aver interpretato il secondo Darrin Stephens nella serie Vita da strega. Anche se in Operazione sottoveste hanno ruoli marginali, la loro presenza arricchisce il cast, aggiungendo un tocco di familiarità per gli spettatori che li avrebbero poi seguiti nei loro successi televisivi.
Le riprese di Operazione sottoveste iniziano nel gennaio del 1959 e si concludono nell’aprile dello stesso anno. Gran parte del film viene girata presso la base navale di Key West, in Florida, utilizzando il sottomarino USS Balao, che "interpreta" il Sea Tiger. Alcune scene aggiuntive, ambientate nel periodo postbellico, vengono invece girate alla Naval Station di San Diego, in California. Il Dipartimento della Difesa e la Marina degli Stati Uniti forniscono pieno supporto alla produzione, autorizzando l’utilizzo di basi navali, navi e sottomarini, e dimostrandosi entusiasti per la rappresentazione positiva della Marina nel film.
Il set di Key West diventa un’oasi di relax per Cary Grant e Tony Curtis tra una ripresa e l’altra. Durante le pause, i due attori si rilassano sul ponte del sottomarino, cullati dal dolce movimento delle onde blu-verdi del Golfo del Messico. Curtis, che all’epoca ha poco più di trent’anni, approfitta del sole per pescare dalla poppa e ottenere un’abbronzatura intensa, quasi color bronzo. Cary Grant, invece, con i suoi cinquantacinque anni, sfoggia un fisico impeccabile e un fascino senza tempo, mostrando una forma straordinaria per la sua età . Con il suo completo impeccabile e la sua eleganza naturale, Grant è l’incarnazione del gentleman hollywoodiano.
Quando Blake Edwards richiama le due stelle sul set, Curtis lascia la sua canna da pesca e si unisce a Grant per girare la scena. Subito dopo, entrambi tornano a rilassarsi al sole, con una serenità che riflette il clima leggero e collaborativo del set. "È stato probabilmente il film più semplice che abbia mai fatto," dirà Curtis in seguito, riferendosi non solo alla lavorazione, ma anche all’atmosfera unica che caratterizzava le giornate di ripresa.
Il set di Key West diventa un’oasi di relax per Cary Grant e Tony Curtis tra una ripresa e l’altra. Durante le pause, i due attori si rilassano sul ponte del sottomarino, cullati dal dolce movimento delle onde blu-verdi del Golfo del Messico. Curtis, che all’epoca ha poco più di trent’anni, approfitta del sole per pescare dalla poppa e ottenere un’abbronzatura intensa, quasi color bronzo. Cary Grant, invece, con i suoi cinquantacinque anni, sfoggia un fisico impeccabile e un fascino senza tempo, mostrando una forma straordinaria per la sua età . Con il suo completo impeccabile e la sua eleganza naturale, Grant è l’incarnazione del gentleman hollywoodiano.
Quando Blake Edwards richiama le due stelle sul set, Curtis lascia la sua canna da pesca e si unisce a Grant per girare la scena. Subito dopo, entrambi tornano a rilassarsi al sole, con una serenità che riflette il clima leggero e collaborativo del set. "È stato probabilmente il film più semplice che abbia mai fatto," dirà Curtis in seguito, riferendosi non solo alla lavorazione, ma anche all’atmosfera unica che caratterizzava le giornate di ripresa.
Foto sul set |
Dietro le quinte, Cary Grant dimostra ancora una volta il suo lato generoso e premuroso. Dina Merrill ricorda un episodio commovente che coinvolge una giovane comparsa cubana di cinque anni, entusiasta di partecipare al film. La bambina, convinta di poter indossare un bel vestito, rimane delusa quando scopre che il suo ruolo richiede un semplice abito di cotone strappato, adatto a una rifugiata. In lacrime, cattura l’attenzione di Grant, che decide di trasformare la sua giornata. Manda un assistente in negozio a comprare per lei un vestito da festa rosa con tulle e glielo regala a fine giornata. "Non hai mai visto un’espressione simile sul volto di una bambina in tutta la tua vita," ricorda Merrill. "È stato un gesto così premuroso, gentile e amorevole da parte sua."
L’affaire LSD
Sotto una patina di serenità , Cary Grant sta però attraversando un profondo processo di introspezione, legato alle sue recenti esperienze con l’LSD durante sedute di psicoterapia. È stata sua moglie Betsy Drake, da cui ormai è separato, a introdurlo al dottor Mortimer Hartman, uno psichiatra noto per utilizzare l’LSD come strumento terapeutico. Questa sostanza, ancora legale all’epoca, veniva somministrata in un contesto controllato per produrre effetti allucinogeni che aiutavano i pazienti a esplorare e affrontare questioni irrisolte, sia della loro infanzia sia delle loro relazioni sentimentali.
Per Grant, le sedute con Hartman si rivelano trasformative. L’attore inizia a confrontarsi con aspetti profondamente nascosti della sua personalità e del suo passato, come il trauma dell’abbandono da parte della madre e le difficoltà nel gestire le relazioni amorose. È in questo stato d’animo, fragile ma entusiasta dei cambiamenti che sta vivendo, che Grant si apre durante un’intervista con il giornalista Joe Hyams del New York Herald Tribune, giunto a Key West per seguire le riprese di Operazione sottoveste. Quella che avrebbe dovuto essere una conversazione leggera sul film e il suo dietro le quinte si trasforma rapidamente in una confessione straordinaria.
Per Grant, le sedute con Hartman si rivelano trasformative. L’attore inizia a confrontarsi con aspetti profondamente nascosti della sua personalità e del suo passato, come il trauma dell’abbandono da parte della madre e le difficoltà nel gestire le relazioni amorose. È in questo stato d’animo, fragile ma entusiasta dei cambiamenti che sta vivendo, che Grant si apre durante un’intervista con il giornalista Joe Hyams del New York Herald Tribune, giunto a Key West per seguire le riprese di Operazione sottoveste. Quella che avrebbe dovuto essere una conversazione leggera sul film e il suo dietro le quinte si trasforma rapidamente in una confessione straordinaria.
“Sono rinato,” dichiara Grant a Hyams. “Questa esperienza mi ha completamente cambiato. Ho dovuto affrontare cose di me stesso che non avevo mai ammesso, cose che non sapevo nemmeno esistessero".
Grant descrive come l’LSD lo abbia aiutato a liberarsi da sensi di colpa e paure che lo avevano perseguitato per anni. “Mi ha fatto vedere chi sono davvero,” aggiunge.
Hyams, incredulo, registra l’intervista con il permesso di Grant, consapevole di avere tra le mani una storia esplosiva. Ma quando chiede all’attore quando potrà pubblicarla, Grant lo invita a rimandare:
“Non ancora. Ma presto. Quando sarà il momento giusto, te lo farò sapere.”
Sarà proprio questa intervista, mai formalmente autorizzata, a scatenare uno degli scandali più discussi nella carriera di Cary Grant, rivelando un lato dell’attore che il pubblico non aveva mai immaginato di vedere.
Durante le riprese a Key West, Joe Hyams si imbatte casualmente in Lionel Crane, giornalista del Daily Mirror, che si sta preparando a intervistare Cary Grant. Per proteggere la sua potenziale esclusiva, Hyams minimizza i risultati del suo incontro con l’attore, raccontando a Crane di aver ottenuto “le solite cose” e lasciandolo libero di proseguire con la sua intervista.
Qualche settimana dopo, Grant accetta di partecipare come ospite a una lezione di giornalismo che Crane e Hyams stanno tenendo all’Università della California a Los Angeles. Durante quella che oggi definiremmo una “Masterclass”, Grant arriva in modo informale, portando con sé il pranzo in un sacchetto di carta, e si presta con entusiasmo alle domande dei venticinque studenti presenti. Alla fine della lezione, quando gli studenti esauriscono le domande, Grant, sorprendentemente, decide di parlare liberamente delle sue esperienze con l’LSD, ripetendo molte delle stesse confessioni fatte a Hyams.
È in quel momento che Hyams scopre che Grant non solo aveva già parlato apertamente degli stessi argomenti con Crane a Key West ma gli aveva lasciato pubblicare un articolo sull’argomento, seppur con una clausola importante: l’intervista poteva essere diffusa solo nel Regno Unito.
Hyams chiede nuovamente a Grant il permesso di pubblicare la sua intervista negli Stati Uniti, ora che Crane aveva già trattato il tema in Inghilterra. Grant, con una certa riluttanza, accetta, a condizione che Hyams rispetti fedelmente le dichiarazioni presenti nell’articolo di Crane, che aveva approvato prima della pubblicazione. Hyams si mette al lavoro e scrive una serie di tre articoli. Consapevole della portata della storia, il New York Herald Tribune lancia una campagna promozionale per anticipare l’uscita, promettendo un’esclusiva senza precedenti.
È la sera prima dell’uscita dell’articolo quando squilla il telefono di Joe Hyams. Dall’altro capo della linea c’è Cary Grant, in preda al panico, che gli ordina di annullare tutto. Hyams cerca di spiegare che è ormai troppo tardi: la prima parte è già stata mandata in stampa. Ma Grant non vuole sentire ragioni. Minaccia di negare pubblicamente ogni incontro con il giornalista e di screditarlo, certo che il pubblico crederà più a lui, l’icona amata di Hollywood, che a un semplice cronista.
Poco dopo, il telefono squilla di nuovo. Questa volta è Stanley Fox, l’avvocato di Grant, che ribadisce la richiesta di bloccare la pubblicazione e insinua che Hyams si sia inventato l’intera storia o che l’abbia plagiata. La pressione è intensa, ma Hyams decide di andare avanti. La serie di articoli esce come previsto, e il suo contenuto scuote immediatamente Hollywood.
Il Los Angeles Times acquisisce la serie per distribuirla, ma con una nota che riporta la dichiarazione di Grant: l’attore afferma di non vedere Joe Hyams da due anni.
Grant descrive come l’LSD lo abbia aiutato a liberarsi da sensi di colpa e paure che lo avevano perseguitato per anni. “Mi ha fatto vedere chi sono davvero,” aggiunge.
Hyams, incredulo, registra l’intervista con il permesso di Grant, consapevole di avere tra le mani una storia esplosiva. Ma quando chiede all’attore quando potrà pubblicarla, Grant lo invita a rimandare:
“Non ancora. Ma presto. Quando sarà il momento giusto, te lo farò sapere.”
Sarà proprio questa intervista, mai formalmente autorizzata, a scatenare uno degli scandali più discussi nella carriera di Cary Grant, rivelando un lato dell’attore che il pubblico non aveva mai immaginato di vedere.
Durante le riprese a Key West, Joe Hyams si imbatte casualmente in Lionel Crane, giornalista del Daily Mirror, che si sta preparando a intervistare Cary Grant. Per proteggere la sua potenziale esclusiva, Hyams minimizza i risultati del suo incontro con l’attore, raccontando a Crane di aver ottenuto “le solite cose” e lasciandolo libero di proseguire con la sua intervista.
Qualche settimana dopo, Grant accetta di partecipare come ospite a una lezione di giornalismo che Crane e Hyams stanno tenendo all’Università della California a Los Angeles. Durante quella che oggi definiremmo una “Masterclass”, Grant arriva in modo informale, portando con sé il pranzo in un sacchetto di carta, e si presta con entusiasmo alle domande dei venticinque studenti presenti. Alla fine della lezione, quando gli studenti esauriscono le domande, Grant, sorprendentemente, decide di parlare liberamente delle sue esperienze con l’LSD, ripetendo molte delle stesse confessioni fatte a Hyams.
È in quel momento che Hyams scopre che Grant non solo aveva già parlato apertamente degli stessi argomenti con Crane a Key West ma gli aveva lasciato pubblicare un articolo sull’argomento, seppur con una clausola importante: l’intervista poteva essere diffusa solo nel Regno Unito.
Hyams chiede nuovamente a Grant il permesso di pubblicare la sua intervista negli Stati Uniti, ora che Crane aveva già trattato il tema in Inghilterra. Grant, con una certa riluttanza, accetta, a condizione che Hyams rispetti fedelmente le dichiarazioni presenti nell’articolo di Crane, che aveva approvato prima della pubblicazione. Hyams si mette al lavoro e scrive una serie di tre articoli. Consapevole della portata della storia, il New York Herald Tribune lancia una campagna promozionale per anticipare l’uscita, promettendo un’esclusiva senza precedenti.
È la sera prima dell’uscita dell’articolo quando squilla il telefono di Joe Hyams. Dall’altro capo della linea c’è Cary Grant, in preda al panico, che gli ordina di annullare tutto. Hyams cerca di spiegare che è ormai troppo tardi: la prima parte è già stata mandata in stampa. Ma Grant non vuole sentire ragioni. Minaccia di negare pubblicamente ogni incontro con il giornalista e di screditarlo, certo che il pubblico crederà più a lui, l’icona amata di Hollywood, che a un semplice cronista.
Poco dopo, il telefono squilla di nuovo. Questa volta è Stanley Fox, l’avvocato di Grant, che ribadisce la richiesta di bloccare la pubblicazione e insinua che Hyams si sia inventato l’intera storia o che l’abbia plagiata. La pressione è intensa, ma Hyams decide di andare avanti. La serie di articoli esce come previsto, e il suo contenuto scuote immediatamente Hollywood.
Il Los Angeles Times acquisisce la serie per distribuirla, ma con una nota che riporta la dichiarazione di Grant: l’attore afferma di non vedere Joe Hyams da due anni.
Nel frattempo, Louella Parsons, celebre giornalista di gossip (di cui vi ho raccontato tutto nel mio articolo qui), riporta che Grant l’ha contattata due volte per negare ogni coinvolgimento con l’intervista e dichiarare non autorizzate tutte le citazioni.
Per Hyams, le conseguenze sono devastanti. Hollywood lo isola rapidamente: gli uffici stampa cancellano le interviste programmate con i loro clienti, e persino i suoi amici iniziano a dubitare della sua credibilità . La pressione non si limita al lavoro. Un giorno, suo figlio torna a casa da scuola in lacrime, deriso dai compagni che lo accusano di avere “un bugiardo come padre”.
Mentre la polemica cresce, riviste come Time e Newsweek coprono la vicenda, ma il consenso pubblico si schiera quasi interamente dalla parte di Grant. Hyams si trova sempre più isolato e riflette amaramente su quanto velocemente l’industria possa voltare le spalle a chiunque si trovi in difficoltà .
Determinato a difendere la sua reputazione, Hyams decide di agire. Consultando i suoi avvocati, scopre un dettaglio cruciale: gli articoli pubblicati sul Herald Tribune hanno fatto saltare un accordo altamente remunerativo che Grant stava negoziando con Look Magazine per un’esclusiva sulle sue esperienze con l’LSD. È questa opportunità sfumata che sembra aver innescato la reazione furiosa dell’attore.
La causa per diffamazione intentata da Joe Hyams contro Cary Grant segna una svolta nella storia di Hollywood. Per la prima volta, una star del cinema viene citata in giudizio da un giornalista, invertendo una dinamica fino ad allora consolidata. La richiesta di cinquecentomila dollari di risarcimento da parte di Hyams spinge la comunità hollywoodiana a interrogarsi: e se, dopotutto, Hyams stesse dicendo la verità ?
Di fronte alla crescente pressione mediatica, Louella Parsons, inizialmente schierata con Grant, pubblica una ritrattazione, temendo di essere trascinata nel caso. Nel frattempo, un addetto stampa della Universal si fa avanti e fornisce a Hyams una fotografia scattata a Key West che ritrae il giornalista insieme a Grant. Questa prova, unita alla registrazione audio dell’intervista, consolida la posizione di Hyams, rendendo il suo caso praticamente inattaccabile.
Le deposizioni preliminari si rivelano un terreno di scontro. Gli avvocati di Grant sottopongono Hyams a centinaia di domande, cercando di metterlo in difficoltà e di screditare il suo racconto. Hyams, tuttavia, rimane saldo, forte delle prove raccolte. Quando arriva il momento per Cary Grant di essere interrogato, l’avvocato di Hyams è scettico sul fatto che l’attore si presenti davvero. "Non vorrà sottoporsi a tutto questo," osserva, prevedendo che Grant cercherà di evitare il confronto diretto.
La previsione si rivela corretta. Poco prima della deposizione, Cary Grant, consapevole dei rischi di un interrogatorio sotto giuramento, decide di trovare una via d’uscita. Per evitare ulteriori danni alla sua immagine, Grant propone un accordo che risolva la questione fuori dal tribunale.
L’offerta è tanto insolita quanto generosa: Grant propone a Hyams di scrivere la sua “autobiografia” come ghostwriter, con accesso completo alla vita dell’attore e la possibilità di vendere l’articolo al miglior offerente. Grant pone però una condizione imprescindibile: la storia potrà essere pubblicata solo una volta, come articolo di rivista, e mai riproposta in formato libro.
Hyams accetta. Per il giornalista, è un modo per ristabilire la propria credibilità , anche se è chiaro fin dall’inizio che Grant vuole mantenere un controllo assoluto sulla narrazione. Il nome dell’articolo dovrà riportare la dicitura: “Cary Grant, raccontato a Joe Hyams,” un dettaglio che sottolinea quanto l’attore desideri avere l’ultima parola sulla sua stessa immagine.
Nei mesi successivi, Hyams e Grant trascorrono lunghe ore insieme, registrando conversazioni che si rivelano tutt’altro che rivelatrici. Grant si dimostra poco interessato a condividere dettagli autentici o controversi sulla sua vita. L’autobiografia si trasforma in un ritratto elegante e romantico, lontano dalle polemiche e perfettamente in linea con l’immagine idealizzata che Grant vuole trasmettere. Hyams si rende conto che ciò che sta scrivendo è più un esercizio di relazioni pubbliche che un autentico racconto biografico.
Di fronte alla crescente pressione mediatica, Louella Parsons, inizialmente schierata con Grant, pubblica una ritrattazione, temendo di essere trascinata nel caso. Nel frattempo, un addetto stampa della Universal si fa avanti e fornisce a Hyams una fotografia scattata a Key West che ritrae il giornalista insieme a Grant. Questa prova, unita alla registrazione audio dell’intervista, consolida la posizione di Hyams, rendendo il suo caso praticamente inattaccabile.
Le deposizioni preliminari si rivelano un terreno di scontro. Gli avvocati di Grant sottopongono Hyams a centinaia di domande, cercando di metterlo in difficoltà e di screditare il suo racconto. Hyams, tuttavia, rimane saldo, forte delle prove raccolte. Quando arriva il momento per Cary Grant di essere interrogato, l’avvocato di Hyams è scettico sul fatto che l’attore si presenti davvero. "Non vorrà sottoporsi a tutto questo," osserva, prevedendo che Grant cercherà di evitare il confronto diretto.
La previsione si rivela corretta. Poco prima della deposizione, Cary Grant, consapevole dei rischi di un interrogatorio sotto giuramento, decide di trovare una via d’uscita. Per evitare ulteriori danni alla sua immagine, Grant propone un accordo che risolva la questione fuori dal tribunale.
L’offerta è tanto insolita quanto generosa: Grant propone a Hyams di scrivere la sua “autobiografia” come ghostwriter, con accesso completo alla vita dell’attore e la possibilità di vendere l’articolo al miglior offerente. Grant pone però una condizione imprescindibile: la storia potrà essere pubblicata solo una volta, come articolo di rivista, e mai riproposta in formato libro.
Hyams accetta. Per il giornalista, è un modo per ristabilire la propria credibilità , anche se è chiaro fin dall’inizio che Grant vuole mantenere un controllo assoluto sulla narrazione. Il nome dell’articolo dovrà riportare la dicitura: “Cary Grant, raccontato a Joe Hyams,” un dettaglio che sottolinea quanto l’attore desideri avere l’ultima parola sulla sua stessa immagine.
Nei mesi successivi, Hyams e Grant trascorrono lunghe ore insieme, registrando conversazioni che si rivelano tutt’altro che rivelatrici. Grant si dimostra poco interessato a condividere dettagli autentici o controversi sulla sua vita. L’autobiografia si trasforma in un ritratto elegante e romantico, lontano dalle polemiche e perfettamente in linea con l’immagine idealizzata che Grant vuole trasmettere. Hyams si rende conto che ciò che sta scrivendo è più un esercizio di relazioni pubbliche che un autentico racconto biografico.
Ladies' Home Journal acquista l’articolo per la cifra record di 125.000 dollari.
Nonostante l’accordo e la pubblicazione dell’articolo, le polemiche non si placano del tutto. Hedda Hopper, giornalista di gossip e rivale di Louella Parsons, rimane profondamente risentita per non essere stata scelta come biografa ufficiale di Grant. In una lettera privata al direttore di Look Magazine, Hopper accusa Grant di voler nascondere verità scomode, alimentando ulteriori voci e speculazioni sulla sua vita personale.
Nel frattempo, Look Magazine pubblica un articolo parallelo, intitolato The Curious Story Behind the New Cary Grant, scritto da Laura Bergquist. In questo pezzo, Grant racconta le sue esperienze con l’LSD, parlando di una trasformazione interiore e di una nuova capacità di amare e vivere senza complessi. Tuttavia, Bergquist conclude l’articolo con una riflessione pungente: “Il nuovo Cary Grant potrebbe essere il più grande ruolo mai interpretato dall’attore.”
La colonna sonora
È David Rose a firmare la partitura musicale del film. Compositore noto per la sua versatilità e la capacità di adattarsi a generi molto diversi. Rose, che aveva già composto musiche per serie TV e film come Non mangiate le margherite e Hombre, avrebbe poi raggiunto una popolarità duratura scrivendo la celebre sigla de La casa nella prateria. Per Operazione sottoveste, Rose crea una partitura vivace e dinamica, che sottolinea i momenti comici e il tono leggero della pellicola.
Il 3 dicembre 1959, Operazione sottoveste debutta al Radio City Music Hall di New York, una delle location più prestigiose per un’uscita cinematografica. L’uscita strategica nel periodo natalizio, quando il pubblico affolla le sale alla ricerca di film leggeri e di intrattenimento, si rivela una mossa vincente. Le strade intorno al celebre teatro si riempiono di persone: le file, lunghissime, si estendono per isolati, con spettatori ansiosi di vedere la nuova commedia con Cary Grant e Tony Curtis (qui c'è un video della serata).
L’entusiasmo si traduce rapidamente in un successo commerciale straordinario. In poche settimane, il film diventa il titolo con il maggiore incasso nella storia della Universal, consolidando la sua posizione come uno dei più grandi trionfi cinematografici dell’anno. Con un budget iniziale di circa 3 milioni di dollari, il film raddoppia e poi triplica i suoi costi di produzione, generando profitti significativi e stabilendo nuovi standard per le commedie di Hollywood.
Cary Grant, che non solo interpreta il protagonista ma è anche produttore del film attraverso la sua società Granart, raccoglie i frutti di questo successo. Il suo accordo con la Universal, che prevedeva un compenso base di 300.000 dollari e una percentuale del 25% dei profitti, gli frutta circa 3 milioni di dollari.
Anche la critica celebra il film. La sceneggiatura di Stanley Shapiro e Maurice Richlin, basata sulla storia originale di Paul King e Joseph Stone, ottiene una nomination agli Academy Awards nella categoria Miglior sceneggiatura originale. Sebbene non vinca, la candidatura riconosce l’abilità del film nel coniugare un umorismo sofisticato con un racconto accattivante, capace di conquistare sia il pubblico che i critici.
Vi lascio con un’ultima chicca, che collega Operazione sottoveste a un’altra produzione che ho adorato. Molti anni dopo l’uscita di questo film, troviamo un curioso omaggio al personaggio di Nick Holden nella serie White Collar. In questa brillante serie TV, Matt Bomer interpreta Neal Caffrey, un affascinante truffatore che collabora con l'FBI. Uno degli alias utilizzati da Caffrey è proprio "Nick Holden," un chiaro riferimento al personaggio di Tony Curtis: un maestro nel risolvere situazioni complicate con metodi ingegnosi, spesso oltre i limiti della legge. Questo piccolo tributo dimostra quanto il personaggio di Holden sia rimasto impresso nell’immaginario collettivo, continuando a ispirare storie di fascino e ingegno.
QUOTES:
Sherman: Ehm, Signore, il Sea Tiger merita un epitaffio migliore di: "Varato nel '40, affondato nel '41. Missioni: nessuna. Combattimenti: nessuno.". Non si può abbandonarlo in quel modo, è come una bella donna che morisse zitella (se sa cosa intendo dire per zitella).
Nick Holden: Io sono cresciuto in un quartiere noto come “Arca di Noè”: se non si attraversava in due, era meglio rinunciarvi.
Shermann: È come lo spogliarello: non indagare come lo fanno e goditi i risultati...
Shermann: Il signor Holden e il sergente Gillardo sono senza dubbio degli insuperabili ladri... mmh... "trovarobe". Per parafrasare a Churchill: "Mai così pochi hanno rubato tanto a tanta gente, e ciò che non riescono a trovare nei magazzini lo inventano".
Shermann: Quando una ragazza ha meno di 21 anni è protetta dalla legge, quando ha superato i 65 è protetta dalla natura. A qualsiasi età intermedia, è caccia libera.
Shermann: È come lo spogliarello: non indagare come lo fanno e goditi i risultati...
Shermann: Il signor Holden e il sergente Gillardo sono senza dubbio degli insuperabili ladri... mmh... "trovarobe". Per parafrasare a Churchill: "Mai così pochi hanno rubato tanto a tanta gente, e ciò che non riescono a trovare nei magazzini lo inventano".
Shermann: Quando una ragazza ha meno di 21 anni è protetta dalla legge, quando ha superato i 65 è protetta dalla natura. A qualsiasi età intermedia, è caccia libera.
Tostin: Io sono religioso e credo che ce la faremo, se il buon Dio ci da una mano. Ma dovrà lasciar perdere tutto e dedicarsi solo a noi.
Barbara: Tenente... Apprezzo l'offerta, ma non posso accettare i suoi pigiami.
Nick: Perché no?
Barbara: Beh... A dire il vero è un po' imbarazzante: una ragazza non si mette il pigiama del primo che incontra.
Nick: Ma se dentro non c'è l'uomo, che male c'è?
Nick: Da ragazzo ero vittima di una propaganda tendenziosa: mi dicevano che il denaro non è tutto, e io me la bevevo. Poi scoprii che quelli che affermavano che il denaro non è tutto erano quelli che ne erano pieni, e che dicevano così per non farsi fregare quello loro.
Nick: Ci sono due semplici strade per avere i soldi: o li rubi, o te li sposi! Se uno ha intenzione di sposarli deve frequentare gli ambienti adatti, la gente altolocata. Due cose le ho assodate. Primo: una divisa può introdurre nei migliori ambienti. Secondo: in una camera da letto nessuno indagherà mai sul tuo conto in banca.
CLIP:
Operazione sottoveste non è soltanto una commedia brillante e sofisticata: è una finestra su un’epoca, una celebrazione di un cinema capace di mescolare leggerezza e profondità , eleganza e ironia. Il suo successo, che ha travolto pubblico e critica, non si misura solo negli incassi record o nei riconoscimenti ufficiali, ma nel modo in cui ha saputo entrare nel cuore di generazioni di spettatori.
Questo film è diventato un punto di riferimento, un cult capace di far sorridere e di lasciare un segno profondo. Non è un caso che tanti di voi lo consideriate una pellicola terapeutica, un rifugio sicuro nei momenti difficili. Oggi, conoscendo i retroscena, gli aneddoti e le storie personali che hanno animato la sua produzione, spero che possiate rivederlo con occhi diversi, apprezzandone ancora di più l’incredibile alchimia tra gli attori, la magia della sceneggiatura e la bellezza della sua semplicità .
In fondo, Operazione sottoveste è molto più di un film: è una testimonianza di quanto il cinema, con la sua capacità unica di raccontare storie e suscitare emozioni, possa unirci, farci sognare e, talvolta, guarirci.
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- venerdì, novembre 22, 2024
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