L'angolo dei film: Merletto di mezzanotte

venerdì, febbraio 07, 2025

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Ci sono film che sembrano destinati a restare in ombra, nascosti tra i titoli più celebrati del loro tempo. Merletto di mezzanotte è uno di questi: un thriller raffinato, avvolto in un’eleganza sofisticata, con un cast stellare e una tensione costante che richiama il miglior Hitchcock. Eppure, non gode della stessa fama di altri film del genere, nonostante abbia tutte le carte in regola per conquistare gli appassionati di suspense psicologica.

La prima volta che ho visto questo film, ho subito pensato che potesse essere uscito dalla mente del maestro del brivido: la protagonista perseguitata da una minaccia invisibile, l’atmosfera inquietante di una Londra grigia e avvolta nella nebbia, il crescendo di paranoia e incertezza. Ma c’è un elemento che lo distingue dai classici hitchcockiani: il tocco di Ross Hunter, produttore noto per il suo stile sontuoso e per il suo modo di trasformare anche il terrore in un’esperienza visivamente impeccabile.
A rendere il tutto ancora più affascinante è il cast. Doris Day è la perfetta protagonista, capace di trasmettere un’angoscia autentica, lontana dall’immagine solare che l’aveva resa celebre nelle commedie romantiche. Rex Harrison porta il suo inconfondibile mix di charme e ambiguità, mentre Myrna Loy, icona di Hollywood, aggiunge al film una presenza elegante e rassicurante. John Gavin, lanciato dalla Universal come il nuovo Rock Hudson, completa il quadro con il suo fascino discreto.

Ma Merletto di mezzanotte non è solo un thriller avvincente: è anche il film che ha segnato profondamente Doris Day, tanto da convincerla a non interpretare mai più ruoli così drammatici. Sul set, la sua immedesimazione nel personaggio è stata così intensa che ha rievocato traumi reali della sua vita, portandola a un autentico crollo emotivo. Un dettaglio che rende la sua performance ancora più potente.

Ho scovato questo film su una piattaforma gratuita, un’occasione perfetta per guardarlo comodamente quando volete. Ho fatto in modo di scrivere questo approfondimento senza darvi spoiler che vi rovinino il finale. Trovate il link in fondo all'articolo.

Il titolo originale è Midnight lace ed è un film del 1960 diretto da David Miller con Doris Day e Rex Harrison. 


La trama in breve: Kit Preston è un'americana sposata con l'inglese Tony. A Londra la donna si trova sola in mezzo alla nebbia e sente una voce che la minaccia di morte. Il giorno dopo Kit viene pedinata e, la sera stessa, un uomo cerca di entrare in casa dalla finestra della sua camera ma fugge dopo averla sentita urlare. A confortarla ci sono il marito, la zia Bea, la vicina di casa Peggy e Brian Younger, un ingegnere che dirige i lavori di ristrutturazione nel suo palazzo. Quando inizia a ricevere delle telefonate minacciose si rivolge all'ispettore Byrnes di Scotland Yard il quale però confida al marito di avere il sospetto che la donna stia inventando tutto.

Alcune scene del film
Foto promozionali del film


Trailer originale: 


All’inizio degli anni ‘60, Hollywood sta cambiando. Il pubblico inizia a cercare storie più mature e psicologicamente complesse, mentre il codice di censura perde forza, permettendo ai film di esplorare nuove sfumature della tensione e della paura. Il 1960 segna una svolta per il thriller: Alfred Hitchcock ha scioccato il mondo con Psyco, ridefinendo il genere con una costruzione della suspense completamente nuova. La paura non è più solo nei gesti o nelle azioni, ma si insinua lentamente nella mente dello spettatore, giocando con le sue aspettative.
Ma non tutti seguono la sua strada. 

C'è un filone, meno crudo ma altrettanto efficace, che punta su atmosfere più sofisticate e su un’eleganza visiva impeccabile. Ross Hunter, produttore noto per i suoi melodrammi raffinati (Magnifica ossessione, Secondo amore, Lo specchio della vita), vuole esplorare il thriller senza rinunciare al suo stile lussuoso. Per farlo, sceglie David Miller, un regista che ha già dimostrato di saper raccontare la paura con So che mi ucciderai (uno dei miei preferiti con Joan Crawford), una storia incentrata sulla persecuzione psicologica di una donna.


Il risultato è un film che unisce tensione e raffinatezza, adattandosi ai nuovi gusti del pubblico: un thriller che non si basa solo sulla paura esplicita, ma sulla costruzione lenta e inesorabile dell’angoscia.
Per parlare delle origini di questo film, dobbiamo fare un passo indietro, al 1958. In quel periodo, una nuova opera teatrale intitolata "Matilda Shouted Fire", scritta da Janet Green, sta girando le province britanniche. Il titolo, che tradotto significa Matilda gridava al fuoco, ricorda un po’ la storia di Pierino e il lupo, suggerendo una trama in cui la credibilità della protagonista viene messa in discussione.
La trama ruota intorno a una donna della classe media britannica che inizia a ricevere telefonate anonime minacciose. Terrorizzata, cerca aiuto, ma nessuno sembra crederle, nemmeno il marito, un meccanico, che assume un atteggiamento sempre più ambiguo (nel film, i protagonisti diventano un’ereditiera americana e un banchiere d’investimento londinese).
Prima ancora che lo spettacolo arrivi a Londra, la Universal ne acquista i diritti, annunciando che diventerà un film.
A occuparsi della sceneggiatura vengono chiamati Ben Roberts e Ivan Goff, autori già esperti nel genere. Poco prima, i due hanno scritto un’altra opera teatrale, Ritratto in nero, che verrà riadattata per il cinema con Lana Turner e Anthony Quinn, sempre sotto la produzione di Ross Hunter. La loro capacità di costruire suspense attraverso dinamiche familiari e giochi di potere li rende la scelta ideale per questo nuovo progetto.

A questo punto, entra in gioco Marty Melcher, marito e manager della futura protagonista. È il terzo marito di Doris Day, nonché il suo agente e produttore. Dopo il grande successo di Il letto racconta... (1959), che ha consolidato la sua immagine pubblica, Melcher vuole trovare un progetto che mostri una nuova sfumatura del suo talento. Quando legge la sceneggiatura, vede subito il potenziale e decide non solo di proporre il film alla moglie, ma anche di co-finanziarlo attraverso la sua compagnia, Arwin Productions, in collaborazione con la Universal.
Il progetto prende forma rapidamente, ma prima dell’inizio delle riprese subisce un cambiamento significativo: nel febbraio 1960, il titolo originale "Matilda Shouted Fire" viene sostituito con Merletto di mezzanotte (rimando al nome del vestito della protagonista), più evocativo e in linea con l’atmosfera raffinata che la produzione vuole trasmettere.
Ora il film ha un nome e un’identità ben definita. Con una sceneggiatura che mescola suspense e tensione psicologica, un produttore che punta su una messa in scena elegante e una protagonista che si prepara ad affrontare un ruolo completamente nuovo, il progetto è pronto per entrare nella fase di sviluppo.

Come vi dicevo, se questo film è arrivato a Doris Day, è perché Marty Melcher, suo marito e agente, le ha sottoposto la sceneggiatura, convinto che potesse essere un’ottima opportunità per mostrare un nuovo lato del suo talento. Dopo il successo delle sue commedie romantiche, il pubblico l’ha associata sempre più a ruoli brillanti e sofisticati, ma questa storia offriva qualcosa di diverso: un thriller psicologico in cui la protagonista vive un crescendo di paura e tensione. 

Doris Day, fino a quel momento, ha costruito una carriera solida e variegata, dimostrando un talento che va ben oltre l’immagine della ragazza solare e spensierata. Ha iniziato negli anni ‘40 come cantante jazz e swing, prima di essere scoperta dalla Warner Bros., che le ha offerto il suo primo ruolo cinematografico in Amore sotto coperta (1948). Da lì, il successo è stato immediato: ha brillato nei musical e nelle commedie romantiche, diventando una delle attrici più amate del decennio.
Con film come Non sparare, baciami! (1953) e Amami o lasciami (1955), ha dimostrato una versatilità notevole, alternando leggerezza e profondità emotiva. Ma la vera svolta è arrivata con L’uomo che sapeva troppo (1956) di Alfred Hitchcock, dove ha interpretato un ruolo drammatico di grande intensità. La scena in cui canta Que Sera, Sera, disperata per il destino del figlio, non è solo un momento musicale, ma un vero e proprio elemento narrativo che amplifica la suspense del film.
Subito dopo ha girato Salva la tua vita, un thriller in cui interpreta una donna perseguitata dal marito violento, interpretato da Louis Jourdan. Se in L’uomo che sapeva troppo ha affrontato il dramma attraverso il filtro della suspense hitchcockiana, in questo film la tensione è più viscerale e personale. Il personaggio di Doris vive una paura costante, cerca di sfuggire a un marito ossessivo che la manipola e la minaccia, un’esperienza che per l’attrice è risultata fin troppo familiare.
Nella sua autobiografia racconta che, quando interpreta un personaggio, lo costruisce dall’interno, analizzandone ogni sfumatura fino a farlo diventare parte di sé. Ma in Salva la tua vita il confine tra realtà e finzione è diventato troppo sottile. Per portare sullo schermo il terrore autentico della protagonista, si è ritrovata a rievocare momenti dolorosi della sua vita: quando, giovane e incinta, era sposata con Al Jorden, un uomo violento che l’ha maltrattata anche nei momenti di maggiore vulnerabilità.
Dopo quell’esperienza, ha deciso di non affrontare più ruoli così intensi. Si è concentrata sulla commedia romantica, un genere in cui ha ottenuto un enorme successo, culminato con Il letto racconta... (1959). Il film, che ha segnato il suo primo incontro con Rock Hudson, le ha fatto ottenere una candidatura all’Oscar come miglior attrice e l’ha consacrata come icona della commedia sofisticata.
Quando, poco dopo, Marty Melcher le sottopone la sceneggiatura di questo nuovo progetto, la sua prima reazione è stata di esitazione. Non ha più affrontato ruoli così drammatici, e l’idea di immergersi nuovamente in una storia di tensione e paura la preoccupava. Alla fine accetta, convinta che questa sfida potrebbe portarla in una direzione nuova.
Quello che non poteva sapere è che questo film avrebbe lasciato un segno profondo, più di quanto potesse immaginare.

Anche se inizialmente il nome di Rock Hudson viene menzionato come possibile coprotagonista di Doris Day, Marty Melcher ha in mente un’altra idea. Il suo obiettivo è Laurence Olivier, e programma di incontrarlo non appena farà ritorno a Hollywood, previsto per il 23 dicembre 1959, dopo aver terminato il suo lavoro in Spartacus, dove interpreta Marco Licinio Crasso.
Nel frattempo, il produttore Ross Hunter è a New York e assiste a "The Fighting Cock", una pièce teatrale di Jean Anouilh che ha debuttato l’8 dicembre 1959. Lo spettacolo lo colpisce a tal punto che decide di selezionare ben tre attori da quella produzione: Natasha Parry, Roddy McDowall e, soprattutto, Rex Harrison. Mentre lo osserva sul palco, capisce che ha trovato l’interprete perfetto per il marito della protagonista.
Nella sua autobiografia A Damned Serious Business: My Life in Comedy, Rex Harrison racconta di essere “capitato per caso” in questo film e di aver dato per scontato che, vista la presenza di Doris Day, il suo ruolo sarebbe stato più vicino al tono brillante di altre sue interpretazioni. Solo in seguito si rende conto che si tratta di un thriller psicologico e che il personaggio che deve interpretare è molto più cupo e ambiguo di quanto immaginasse, un po’ alla Charles Boyer in Angoscia del 1944.
Ma dietro la sua solita eleganza e il suo humor tagliente, Harrison sta attraversando uno dei momenti più difficili della sua vita. Il 6 settembre 1959, ha perso la moglie Kay Kendall, morta a soli 32 anni per una leucemia. Per proteggere Kay dalla verità sulla sua malattia, Harrison le è rimasto accanto fino alla fine, mantenendo il segreto sulla gravità delle sue condizioni. Dopo la sua scomparsa, decide di buttare tutto se stesso nel lavoro, tornando a recitare a teatro appena 3 mesi dopo.

Per il ruolo della zia Bea, Ross Hunter ha un desiderio preciso: vuole Myrna Loy. La sua carriera inizia nel cinema muto, ma è negli anni ‘30 che diventa una delle attrici più amate di Hollywood, grazie alla sua innata eleganza e alla sua versatilità. Il pubblico la conosce soprattutto per la serie di film di L’uomo ombra, in cui, accanto a William Powell, ha definito il modello perfetto della coppia brillante e sofisticata. La sua capacità di alternare commedia e dramma la rende una presenza unica sullo schermo, trasformandola in una delle star più longeve e rispettate dell’epoca d’oro di Hollywood.
Quando Hunter le propone di tornare sul set per interpretare la zia della protagonista, Loy accetta. Per lei, questo film rappresenta un ritorno al cinema dopo alcuni anni di pausa, e l’occasione di lavorare con un cast d’eccezione. Ma non è solo la sua esperienza a renderla perfetta per il ruolo: sul set, Myrna Loy si dimostra una presenza rassicurante, un punto di riferimento per tutti, inclusa Doris Day, che sta affrontando un ruolo emotivamente impegnativo.
Ma per lei, accettare il ruolo significa anche confrontarsi con un cambiamento inevitabile: Hollywood sta evolvendo, e la generazione delle grandi star dell’epoca d’oro sta lasciando spazio a nuovi volti. Lei stessa lo ammette: "È difficile quando inizi a scendere di livello. Combatti così duramente per arrivare in cima e poi ti rendi conto che è il momento di cedere con grazia". Eppure, nonostante tutto, la sua presenza in questo film dimostra che il carisma e il talento non hanno età.

Quando la Universal inizia a costruire il cast, c’è un attore su cui lo studio punta molto: John Gavin. Alto, affascinante, con lineamenti scolpiti e un portamento elegante, Gavin incarna l’ideale del leading man hollywoodiano degli anni ‘50 e ‘60. Ma dietro la sua presenza scenica impeccabile, c’è anche un attore che lo studio sta cercando di imporre come il nuovo volto maschile di punta.
Gavin arriva al cinema quasi per caso. Laureato in Relazioni Internazionali alla Stanford University, ha un background completamente diverso rispetto a molti suoi colleghi. Dopo il servizio militare nella Marina, dove presta servizio durante la Guerra di Corea, viene notato dalla Universal, che lo inserisce nel suo programma di formazione per giovani attori. Il suo aspetto elegante e la sua somiglianza con Rock Hudson spingono subito lo studio a investire su di lui.
Negli anni successivi, Gavin ottiene ruoli sempre più importanti, lavorando accanto alle più grandi star del momento. Con Tempo di vivere e Lo specchio della vita consolida la sua immagine di eroe romantico, affascinante e carismatico.
Ma è il 1960 l’anno della svolta. In pochi mesi, compare in due grandi produzioni: interpreta Giulio Cesare in Spartacus di Stanley Kubrick, accanto a Laurence Olivier e Kirk Douglas, e soprattutto diventa il Sam Loomis di Psyco, il fidanzato della protagonista che si ritrova invischiato nel mistero del Bates Motel.
Con un curriculum così, la Universal non ha dubbi: deve essere nel cast di questo film. La produzione lo sceglie per il ruolo di Brian Younger, un giovane imprenditore che lavora nei cantieri edili. È un ruolo che rientra perfettamente nel tipo di personaggi per cui viene scelto: l’uomo dall’aspetto rassicurante, solido, una presenza maschile stabile in un mondo di tensione e sospetti.
Mentre la Universal continua a promuoverlo come il nuovo Rock Hudson, la sua carriera prenderà direzioni inaspettate e lo porterà a diventare Ambasciatore degli Stati Uniti per il Messico sotto l’amministrazione Reagan.

Oltre ai protagonisti, il film vanta un cast di attori di grande esperienza, molti dei quali già noti al pubblico per ruoli in grandi produzioni hollywoodiane.
John Williams interpreta l’ispettore Byrnes, l’uomo di Scotland Yard che segue il caso della protagonista. Volto familiare nei film di Hitchcock, è già stato un ispettore in Delitto perfetto e un investigatore dell’assicurazione in Caccia al ladro. La sua presenza dona autorevolezza al personaggio e rafforza l’atmosfera di mistero.
Roddy McDowall veste i panni di Malcolm Stanley, il figlio della domestica dei Preston, un giovane dal comportamento ambiguo. Il pubblico lo ha conosciuto da bambino in Torna a casa, Lassie!, ma crescendo ha continuato a lavorare con successo, fino a diventare uno dei protagonisti di Cleopatra (Ottaviano) e della saga de Il pianeta delle scimmie.
Herbert Marshall interpreta Charles Manning, un socio d’affari del marito della protagonista. Con una carriera che attraversa decenni di cinema hollywoodiano, ha lavorato con registi del calibro di Ernst Lubitsch in Mancia competente e Alfred Hitchcock in Omicidio.


Natasha Parry è Peggy Thompson, l’affascinante vicina di casa della protagonista, che si mostra gentile e disponibile, ma il cui ruolo nella vicenda rimane avvolto nell’incertezza. Attrice teatrale affermata, è nota anche per essere la moglie del regista Peter Brook.
Hermione Baddeley interpreta Dora Hammer, la cameriera del pub, pettegola e curiosa. Attrice brillante, è reduce dalla candidatura all’Oscar per La strada dei quartieri alti e negli anni successivi sarà la cameriera Ellen in Mary Poppins e apparirà nei musical Voglio essere amata in un letto d’ottone e Il più felice dei miliardari.
Infine una chicca: se pensate di aver già visto l’attore che interpreta Roy, il marito di Peggy vi confermo che è così, si tratta di Anthony Dawson, che ha vestito i panni di Charles Swann il killer in Delitto perfetto. E c’è una scena proprio in cui è insieme John Williams (queste sono le cose che mi mandano in brodo di giuggiole).



Le riprese iniziano il 23 marzo 1960 e si concludono il 16 maggio, seguendo un programma serrato che si svolge quasi interamente agli Universal Studios. Sebbene il film sia ambientato a Londra, la città viene ricreata nel backlot dello studio, con scenografie dettagliate che riproducono vie e edifici inglesi. Per aumentare il realismo, vengono girate alcune riprese di seconda unità nella capitale britannica, utilizzando controfigure di Doris Day e Rex Harrison per le scene in cui i personaggi salgono e scendono dalle auto o si muovono in strada. Le riprese in primo piano con gli attori principali vengono poi realizzate in studio, con l’uso di process shots per simulare gli sfondi londinesi.

L’atmosfera sul set alterna momenti di grande professionalità a momenti di forte tensione, in particolare per Doris Day. Il film richiede alla protagonista uno sforzo emotivo notevole, e il suo approccio alla recitazione, che la porta a vivere intensamente i ruoli, la mette a dura prova. Durante la lavorazione di una delle scene più intense, quella sulla scala, in cui il suo personaggio è in preda al panico, la tensione è così reale che, una volta terminata la ripresa, sviene sul set. Il regista David Miller interrompe immediatamente la produzione, mentre Marty Melcher e Ross Hunter accorrono per soccorrerla. Le riprese vengono sospese per alcuni giorni, fino a quando Doris non si sente pronta a tornare davanti alla macchina da presa.
In questo clima carico di emotività, Myrna Loy si dimostra una presenza rassicurante per tutti. La sua esperienza e la sua compostezza contribuiscono a mantenere un equilibrio sul set, come quando si offre di girare le sue scene prima di quando fossero previste, per non bloccare la produzione durante i giorni di riposo di Doris. Inoltre il suo rapporto con Doris Day si rivela particolarmente prezioso, oltre a quello dell'amico Rock Hudson che è venuto a trovarla sul set.

Diverso è l’atteggiamento di Rex Harrison, che mantiene sempre una certa distanza. La sua professionalità è impeccabile, ma il dolore per la perdita della moglie Kay Kendall, avvenuta solo pochi mesi prima, lo accompagna ancora. Il cast e la troupe percepiscono la sua freddezza, che però finisce per arricchire la sua interpretazione, donando al personaggio un’aura di ambiguità e controllo calcolato.
La produzione, nonostante queste difficoltà, procede senza grandi intoppi tecnici. Ross Hunter, noto per la sua attenzione ai dettagli visivi, si assicura che tutto rispecchi la sua estetica sofisticata: dagli arredi raffinati ai costumi curati, ogni elemento contribuisce a creare l’atmosfera elegante e al tempo stesso inquietante del film. Anche l’uso delle luci e delle ombre è studiato con precisione, per amplificare la paranoia crescente della protagonista e creare un senso di claustrofobia, nonostante la storia si svolga in ambienti spaziosi e lussuosi.
Dopo sei settimane di lavorazione, il film è completato. Ma per Doris Day, l’effetto di questo ruolo non si esaurisce con l’ultimo ciak: l’intensità emotiva vissuta durante le riprese la segna profondamente, al punto da spingerla a evitare in futuro ruoli così carichi di tensione.

Costumi

Quando arriva il momento di scegliere la costumista per Merletto di mezzanotte, Doris Day non ha dubbi: vuole Irene (Lentz). Il suo ritorno a Hollywood segna un evento importante, perché sono ormai dieci anni che si è ritirata dal cinema per dedicarsi alla sua boutique di moda. Ma la sua storia con Hollywood è iniziata molto prima, ed è legata a un’altra attrice del film: Myrna Loy.
Negli anni ‘30, Irene ha lavorato come designer per alcune delle boutique più esclusive di Los Angeles, per poi passare ai grandi magazzini Bullocks Wilshire (dove, curiosamente, ha lavorato anche una giovanissima Angela Lansbury). È stata proprio Myrna Loy la prima a notare il suo talento e a commissionarle abiti su misura. Impressionata dalla sua eleganza e dalla sua attenzione ai dettagli, Loy l’ha segnalata alla MGM, dove Irene ha preso il posto di Adrian, diventando la principale costumista dello studio negli anni ‘40. In quel periodo ha conosciuto Elliott Gibbons, fratello di Cedric Gibbons, celebre scenografo della MGM, e lo ha sposato, consolidando il suo legame con l’industria cinematografica.
Dagli anni ‘30 agli anni ‘50, Irene è diventata una delle costumiste più richieste, vestendo dive del calibro di Marlene Dietrich, Lana Turner e Ginger Rogers. Poi, nel 1950, ha lasciato Hollywood per concentrarsi sulla moda. È stata Doris Day a riportarla nel mondo del cinema, insistendo affinché fosse lei a occuparsi dei costumi del film.
A differenza di molti costumisti della sua epoca, Irene non si è ispirata alla moda francese, ma ha sempre puntato su un’eleganza americana moderna e sofisticata. I suoi abiti sono raffinati senza risultare eccessivi, studiati per valorizzare chi li indossa. La sua attenzione ai dettagli è quasi maniacale: bottoni, perline, ogni elemento è stato scelto con cura per ottenere un effetto perfetto.


Il guardaroba creato per Doris Day in Merletto di mezzanotte riflette perfettamente questa filosofia e si integra con la visione estetica di Ross Hunter, produttore noto per la sua ossessione per l’eleganza. I tessuti sono di alta qualità, tra cui chiffon, seta e lana pregiata, che donano ai capi leggerezza e movimento. I colori seguono l’evoluzione psicologica del personaggio: all’inizio del film e nelle scene in casa dove si sente più al sicuro la protagonista indossa toni chiari e delicati – crema, azzurro polvere, rosa cipria – che enfatizzano il suo status sociale e il suo stile impeccabile. 

 

Man mano che la tensione cresce, il guardaroba diventa più strutturato, con tessuti più rigidi e colori più scuri, come il rosso, il grigio e il nero, che simboleggiano il senso di oppressione e paura. quello più iconico è ovviamente quello che da il titolo al film, un top di merletto su un completo nero con pantalone.


"Irene non creava un look tipicamente francese, ma uno stile americano raffinato. La sua scelta dei tessuti, l’attenzione ai dettagli, i bottoni, le perline, l’uso dello chiffon... che abito straordinario aveva creato!" (Dall’autobiografia di Doris Day)
Uno degli abiti più memorabili è il cappotto bianco di lana, un capo di straordinaria eleganza che Doris Day ama così tanto da indossarlo anche agli Oscar del 1960, quando viene candidata come miglior attrice per Il letto racconta....

Irene si è occupata anche dei costumi degli altri personaggi, mantenendo una coerenza stilistica che enfatizza le differenze tra loro. Myrna Loy ha un look sofisticato e sobrio, spesso con rimandi al verde (colore della speranza e quindi che sia un personaggio che aiuterà la protagonista), che riflette la sua maturità ed esperienza, mentre il personaggio di Natasha Parry ha uno stile più moderno e seducente, creando un contrasto visivo con Kit.

Oltre a essere una collaboratrice fidata, Irene è diventata anche una confidente per Doris Day, che ne parla nella sua autobiografia. La costumista, generalmente riservata, si è aperta con l’attrice raccontandole della sua vita personale, rivelando dettagli intimi sul suo amore per Gary Cooper.
"Una sera, dopo aver bevuto parecchio, Irene mi confidò che l’amore della sua vita era Gary Cooper. Parlava di lui con una tale intensità che il suo volto si illuminava. Disse che era l’unico uomo che avesse mai veramente amato. A ripensarci ora, non posso dire con certezza se l’amore di Irene fosse unilaterale o se lei e Cooper avessero effettivamente avuto una relazione. Ma il modo in cui lo amava suscitò in me una certa gelosia, perché io non avevo mai amato un uomo con quell’intensità."
Irene continua a parlarne più volte con Doris, lasciandole l’impressione che non si sia mai aperta con nessun altro su quel sentimento. Ma il dolore per la morte di Cooper, avvenuta nel 1961, la devasta.
Doris Day ha raccontato nella sua autobiografia che l’ultimo film su cui hanno lavorato insieme è stato Non mandarmi fiori. Irene le aveva appena mostrato i bozzetti completati per i costumi. Stava bevendo più del solito. Il 15 novembre del 1962 la Day era in studio, lestavano sistemando i capelli, quando la radio trasmise la notizia che Irene si era gettata dalla finestra del Coast Hotel di Hollywood, lasciando un biglietto con scritto "Mi dispiace, ma questo è il modo migliore"

Queste invece le parole di Doris Day: "Non posso dire con certezza quanto Cooper fosse effettivamente presente nella sua vita mentre era in vita, ma il modo in cui lo amava mi fece capire perfettamente perché lo avesse seguito."

Non posso non menzionare i gioielli di questo film. Si tratta di creazioni di David Webb (tranquilli vi parlerò anche di lui con un articolo dedicato, ma nel frattempo vi ricordo quello che ho scritto sugli altri gioiellieri di Hollywood Paul Flato e Fulco di Verdura, lo trovate nella sezione luoghi e volti). Dal doppio filo di perle, alla spilla a forma di gondola, alla collana di diamanti indossata a teatro dalla zia Bea, i gioielli contribuiscono a conferire eleganza all’atmosfera del film. 

Colonna sonora

La partitura musicale di Merletto di mezzanotte è firmata da Frank Skinner, uno dei compositori più prolifici della Universal Pictures, con una carriera che attraversa diversi generi cinematografici, dal noir al melodramma, fino al thriller psicologico.
Skinner ha iniziato a comporre per il cinema alla fine degli anni ‘30 e ha legato il suo nome a molti film iconici. Nel 1942 ha scritto le musiche per Sabotatori di Alfred Hitchcock, dimostrando una particolare abilità nel costruire tensione attraverso orchestrazioni drammatiche e ricche di pathos. Ma è soprattutto nel melodramma che ha trovato la sua massima espressione, componendo colonne sonore per grandi successi come Magnifica ossessione e Come le foglie al vento, entrambi diretti da Douglas Sirk e prodotti da Ross Hunter, lo stesso produttore di Merletto di mezzanotte. Nel 1959, poco prima di lavorare a questo film, ha firmato la colonna sonora di Lo specchio della vita, altro capolavoro del melodramma targato Hunter.
Il suo stile è caratterizzato da orchestrazioni sontuose, melodie struggenti e un uso magistrale degli archi, elementi che si ritrovano anche in Merletto di mezzanotte. Qui, però, Skinner adotta un approccio più teso e inquietante, alternando passaggi lirici a momenti di forte intensità drammatica, in linea con la crescente paranoia della protagonista.
Nel corso degli anni ‘60, Skinner continua a lavorare a produzioni di grande impatto, e nel 1966 firma una delle sue ultime colonne sonore per Madame X, un altro melodramma raffinato prodotto da Ross Hunter, con protagonista Lana Turner.
La supervisione musicale viene affidata a Joseph Gershenson (sono passati da lui tutti i film della Universal dal 1949 al 1969), che inoltre compare nei panni del direttore d’orchestra durante il balletto de Il lago dei cigni, così come Bernard Herrmann era comparso in L’uomo che sapeva troppo di Hitchcock.
Con Merletto di mezzanotte, Skinner dimostra ancora una volta la sua versatilità, componendo una partitura che accompagna perfettamente l’atmosfera elegante ma inquietante del film, enfatizzando la paura e il senso di isolamento della protagonista senza mai sovrastare l’azione.

Il 13 ottobre 1960, Merletto di mezzanotte viene presentato in anteprima allo Screen Directors Guild Theater di New York, in un evento che richiama molte personalità di Hollywood. Come sempre nelle produzioni di Ross Hunter, l’eleganza è al centro della serata: il film viene lanciato con uno stile impeccabile, con grande attenzione alla sua estetica sofisticata.
Tra i presenti spicca Doris Day, radiosa nel suo abito da sera, accompagnata dal marito Marty Melcher. Accanto a loro c’è John Gavin, che arriva insieme alla moglie Cicely Evans. L’assenza più evidente è quella di Rex Harrison, che sceglie di non partecipare all’evento. L’attore, ancora provato dalla perdita della moglie, mantiene un profilo basso anche durante la promozione del film.

Dal punto di vista commerciale, il film parte con buone aspettative. Con un budget stimato di 2 milioni di dollari, si posiziona come una produzione di fascia alta per la Universal, che punta sulla popolarità dei suoi protagonisti. Al botteghino, l’accoglienza è positiva: il film incassa circa 6 milioni di dollari, un risultato solido che conferma la forte attrattiva di Doris Day sul pubblico.
La critica, invece, si divide. Doris Day riceve recensioni entusiastiche per la sua interpretazione: la sua capacità di trasmettere paura e vulnerabilità sorprende molti giornalisti, che lodano il suo allontanamento dai ruoli più leggeri. Anche Rex Harrison viene apprezzato per il suo ruolo ambiguo, in cui mescola fascino e inquietudine con la solita maestria.
Tuttavia, non tutti sono convinti. Alcuni recensori trovano la trama eccessivamente costruita, con troppi falsi indizi che rischiano di indebolire la tensione invece di accrescerla. Anche la regia di David Miller viene giudicata solida ma priva di quel tocco di genialità che avrebbe potuto trasformare il film in un vero classico del thriller psicologico. E inevitabilmente arriva il paragone con Alfred Hitchcock, da cui Merletto di mezzanotte sembra trarre ispirazione, senza però raggiungere la stessa intensità narrativa.
Nonostante le recensioni contrastanti, il film trova il suo pubblico. Il fascino del cast, l’atmosfera raffinata e l’impatto emotivo della protagonista contribuiscono a renderlo un successo. E per Doris Day, è una conferma: anche in un genere così lontano dai ruoli che l’hanno resa celebre, il pubblico è pronto a seguirla.

Anche se Merletto di mezzanotte non ha conquistato nomination agli Oscar nelle categorie principali, il film ha ottenuto riconoscimenti che ne hanno valorizzato due degli aspetti più apprezzati: la straordinaria performance di Doris Day e il lussuoso guardaroba firmato Irene.

Per la sua intensa interpretazione, Doris Day ha ricevuto una candidatura ai Golden Globe come Miglior Attrice in un film drammatico, un segnale importante per un’attrice che, fino a quel momento, era stata associata quasi esclusivamente alla commedia romantica. Anche la maestria sartoriale di Irene non è passata inosservata: i suoi costumi, che aggiungono un ulteriore livello di eleganza e raffinatezza alla pellicola, le sono valsi una nomination all’Oscar per i Migliori Costumi a Colori.
Ma la Universal non si è limitata a lasciare che il film parlasse da solo. Consapevole del suo enorme potenziale visivo, ha trasformato la moda di Merletto di mezzanotte in un vero e proprio evento promozionale. È stata realizzata una speciale featurette, High Style Elegance, in cui Doris Day sfila con gli splendidi abiti creati da Irene, trasformandosi in una sorta di icona di stile per il pubblico femminile dell’epoca. Parallelamente, sono state pubblicate una serie di campagne pubblicitarie su riviste di moda, con l’obiettivo di spingere le spettatrici a desiderare quegli stessi capi. L’idea era semplice, ma geniale: accendere un desiderio di lusso accessibile, convincendo le donne a riversarsi nei grandi magazzini per acquistare la linea di abbigliamento Irene, Inc. ispirata al film.

Nel 1981 è stato realizzato un film per la TV con protagonista Mary Crosby (figlia di Bing, nonchè Kristin la perfida sorella di Sue Ellen in Dallas) e Celeste Holm. 

Se Merletto di mezzanotte non ha lasciato un segno indelebile nella storia del thriller, lo ha sicuramente fatto nel mondo della moda. E in un’epoca in cui il cinema influenzava profondamente il costume, la Universal ha saputo giocare le sue carte con astuzia.
Alcuni film restano nell’ombra, dimenticati tra titoli più celebri, ma quando li si riscopre si ha la sensazione di aver trovato un piccolo tesoro. Merletto di mezzanotte è uno di quei film: elegante, teso, con una protagonista che ha dato più di quanto avrebbe mai immaginato. Doris Day non ha mai più affrontato un ruolo così drammatico, e forse proprio questo rende la sua interpretazione ancora più speciale.
Sono davvero felice di avergli dedicato questo spazio. Raccontarlo, scavare nei suoi dettagli e nelle sue storie dietro le quinte, mi ha fatto apprezzare ancora di più quanto fosse unico. Spero che dopo questa lettura venga voglia anche a voi di (ri)scoprirlo. Perché certi film, pur senza diventare leggende, meritano comunque di essere ricordati.

IL FILM DA VEDERE COMODAMENTE:

Basta cliccare sul link, vi si aprirà una specie di youtube russo, non occorre conoscere la lingua, basta premere il play sul riquadro e il film partirà subito. Potete vederlo qui

 

QUOTES:

Tony: Stai a sentire. Quando c'è la nebbia a Londra, un bel nebbione denso, i burloni invadono le strade più solitarie. Vedrai i giornali di domattina. Dozzine di vecchiette racconteranno di aver lottato contro invisibili fantasmi e scommetto che la statua di Nelson verrà trovata con una bombetta in testa.

 

Kit: Ciao tesoro. Beh, che ne dici?

Tony: Meglio evitare un collasso cardiaco a quei vecchioni.

Kit: Si chiama merletto di mezzanotte. Ti piace?

Tony: Certo caldo non ti terrà. Ma temo per la mia temperatura

Kit: Se non sale abbastanza domattina lo restituirò.

Tony: Sento già salire la febbre. 

 

Bea: La solita giungla della finanza. Gli uomini lavorano e le donne piangono. 


Brian: So esattamente quello che ha provato, è capitato anche a me. 

Kit: Bloccato in ascensore?

Brian:Carro armato. Portello bloccato da una granata.   Strana cosa la mente umana. Credo di aver dimenticaot l'episodio e poi tutt' un tratto risento l'esplosione, l'odore del fumo. Mi tremano le mani e mi ritrovo in un carro armato nel deserto. A volte quando mi riprendo sono passate ore. Una volta un giorno intero. E non ricordo quello che è avvenuto nel frattempo.

Kit: È terribile. Come perdere una parte della propria vita. 

Brian: Oh, c'è anche di peggio. I miei compagni l'hanno persa davvero. Ma mi è rimasta una certa repulsione per i i luoghi chiusi. Ascensori, cabine, cose del genere. 

Kit: Lo immagino. È per questo che lavora all'aperto?

Brian:Prima della guerra volevo fare l'architetto. Ma ciò significava un ufficio. E io invece arrivo a dormire all'aperto quando posso. Nei campeggi o dove capita. 

Kit: Si ma bisogna vedere cosa dice sua moglie.

Brian:Io non sono ancora sposato. Dovrò trovare una che ci si adatti. 

Kit: In America avrebbe solo l'imbarazzo della scelta. 

Brian:Ah davvero? Allora sposerò un'americana.

 

Bea: "Il lago dei cigni" mi mette sempre tanta sete.

Charles: Deve essere per via di quei colli lunghi.

Bea: Questa battuta ti costerà un Martini

 

Tony: Ispettore? Per curiosità può dirmi come mai è venuto qui stasera?

Ispettore: Mi ha telefonato lei. Signor Preston. 

Tony: Io?

 

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