Professione caratterista: Gli uomini pt. 3

venerdì, gennaio 31, 2025

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Ci sono attori che conquistano con il fascino, la bellezza e il carisma. E poi ci sono loro, i caratteristi, che con un sorriso, una battuta o uno sguardo riescono a rubare la scena, facendo battere il cuore agli spettatori senza bisogno di riflettori puntati. Per me, questi attori sono come vecchi amici: quando li riconosco in un film, mi sento a casa, pronta a lasciarmi travolgere dalla loro magia.
Questa volta, ho deciso di portarvi con me in un altro viaggio attraverso il mondo di quei volti familiari che hanno reso indimenticabile il cinema americano classico. Parleremo di uomini che, con il loro talento, hanno trasformato i ruoli di contorno in piccoli gioielli di recitazione. Attori come Cecil Kellaway, con la sua faccia bonaria che cela sempre un pizzico di malizia, o Henry Travers, che con un solo gesto riusciva a trasmettere una dolcezza infinita. Troverete Harry Davenport, il nonno che tutti avremmo voluto avere, e Barry Fitzgerald, con quel sorriso che sembra spuntare da una favola irlandese. Non può mancare Walter Brennan, il re dei "vecchietti" burberi ma irresistibili, e infine James Gleason, la dinamite irlandese sempre pronta a scoppiare con il suo carisma e la sua energia.
Questi attori sono l’anima vibrante del cinema che amo. Attraverso ruoli spesso piccoli, hanno saputo raccontare storie di vita con una profondità che solo i grandi artisti possono raggiungere. E allora, mettetevi comodi, perché oggi torniamo a scoprire il cuore pulsante del cinema: i caratteristi. 

Ah, trovate gli altri articoli che ho scritto finora su questa speciale categoria di attori, qui.


1) Cecil Kellaway

 

Nasce il 22 agosto 1893 a Città del Capo, in Sudafrica, terra lontana dalle luci di Hollywood, e forse anche per questo sembra destinato a un futuro diverso. Cecil Kellaway è figlio di genitori inglesi, Rebecca Annie e Edwin John Kellaway, un architetto e ingegnere giunto in Sudafrica per contribuire alla costruzione del Parlamento. La sua famiglia non è solo legata alla professione paterna: Edwin è amico del magnate minerario Cecil Rhodes, che non solo gli dà il nome ma diventa anche il padrino del piccolo Cecil. Cresciuto in un ambiente stimolante, diviso tra ambizioni pratiche e un ricco patrimonio culturale, Cecil frequenta il Normal College a Città del Capo e poi il Bradford Grammar School in Inghilterra. Nonostante inizi a lavorare in una ditta di ingegneria elettrica, il teatro lo chiama irresistibilmente, portandolo a lasciare quel percorso per seguire la sua vera passione.

Inizia così una carriera teatrale che lo vede dapprima protagonista nei teatri sudafricani, per poi trasferirsi in Australia, dove raggiunge grande successo. Qui diventa una figura di spicco, non solo come attore ma anche come autore di commedie. Una delle sue opere, It Isn’t Done, cattura l’attenzione del regista William Wyler, che lo spinge a tentare la fortuna a Hollywood.

A Hollywood, Cecil diventa subito uno dei caratteristi più apprezzati, grazie al suo volto simpatico, il sorriso malizioso e la capacità di interpretare personaggi amabili ma mai banali. Si specializza in ruoli che uniscono ironia e profondità: spesso è il padre affettuoso, l’uomo saggio o l’eccentrico dispensatore di consigli. La sua bravura emerge chiaramente in Ho sposato una strega (1942), dove interpreta Daniel, il padre burlone e complice della strega Veronica Lake, e in Il postino suona sempre due volte (1946), dove veste i panni di Nick Smith, il marito ingenuo che si ritrova vittima di un piano diabolico orchestrato dalla moglie e dal suo amante.

Il suo talento non si limita a ruoli realistici: in L’isola del desiderio (1948), ottiene la sua prima candidatura all’Oscar per il ruolo di un folletto irlandese stravagante che guida il protagonista con saggezza e un pizzico di magia. In Harvey (1950), interpreta il Dr. Chumley, il medico che dapprima scettico si convince dell’esistenza del coniglio immaginario del protagonista. È un bizzarro folletto che aiuta Tyrone Power in L'isola del desiderio.  In Delitto sulla spiaggia (1955), è un truffatore che si muove tra inganni insieme alla consorte ai danni di Joan Crawford. Si distingue anche in Dimmi la verità (1958), dove interpreta il Capitano Joe accanto a Sandra Dee e Beulah Bondi. L’apice della sua carriera arriva forse con Indovina chi viene a cena (1967), dove interpreta Monsignor Ryan, una figura affettuosa e mediatrice che affronta con sensibilità le tensioni culturali al centro della trama. Questo ruolo gli vale la sua seconda candidatura all’Oscar come miglior attore non protagonista.

La carriera di Cecil Kellaway è segnata dalla sua capacità di portare sullo schermo personaggi che, sebbene secondari, rimangono impressi nella memoria. Lavora senza sosta fino agli anni ’70, regalando sempre interpretazioni di grande qualità. Si spegne il 28 febbraio 1973 a Hollywood, lasciando un’eredità di ruoli indimenticabili che continuano a incantare generazioni di spettatori.



2) Henry Travers


Nasce il 5 marzo 1874 a Berwick-upon-Tweed, una cittadina del Northumberland, nel nord dell’Inghilterra. Figlio di un costruttore edile, Henry Travers – il cui vero nome è Travers John Heagerty – cresce con una spiccata curiosità per le arti, pur intraprendendo inizialmente studi di architettura. Tuttavia, il richiamo del teatro è troppo forte, e decide di abbandonare il percorso accademico per dedicarsi alla recitazione. Dopo essersi formato sui palcoscenici inglesi, si trasferisce negli Stati Uniti nei primi anni del Novecento, dove inizia una brillante carriera teatrale che lo porta a esibirsi a Broadway in ruoli sempre più importanti.
La sua versatilità gli consente di distinguersi in numerose produzioni teatrali, inclusa un’acclamata versione di Pygmalion di George Bernard Shaw. Nonostante il successo sul palco, il debutto cinematografico arriva tardi: ha già quasi sessant’anni quando Sidney Franklin lo scrittura per il film Notturno viennese (1933). Da quel momento, Travers diventa un volto familiare sul grande schermo, grazie al suo stile recitativo misurato e alla capacità di infondere umanità e profondità nei personaggi che interpreta.
Travers si specializza in ruoli di figure paterne, saggi di campagna, dottori e nobili eccentrici, sempre con un tocco di leggerezza e ironia. Nel film Colpo di fulmine (1941), è il professor Jerome, uno dei bizzarri accademici che ospitano Barbara Stanwyck nella loro casa, in una commedia che combina romanticismo e situazioni farsesche. L’anno successivo interpreta Mr. Ballard in La signora Miniver (1942), un floricoltore il cui amore per i fiori diventa un simbolo della resistenza durante la guerra. La delicatezza della sua performance gli vale una candidatura all’Oscar come miglior attore non protagonista.
Travers continua a distinguersi in ruoli di grande spessore. In Madame Curie (1943), interpreta Eugene Curie, il padre della celebre scienziata, con una grazia che completa la performance di Greer Garson. Nel noir di Alfred Hitchcock L’ombra del dubbio (1943), veste i panni di Joseph Newton, il cognato del protagonista, un uomo curioso che ama leggere romanzi gialli e si ritrova coinvolto nei sospetti di un omicidio. Mostra anche un lato più severo in Le campane di Santa Maria (1945), dove interpreta un imprenditore spietato e inizialmente ostile ai protagonisti. Nel commovente Il cucciolo (1946), è Mr. Boyles, il negoziante che offre conforto alla famiglia protagonista.
L’apice della sua carriera arriva con La vita è meravigliosa (1946), dove interpreta Clarence Oddbody, l’adorabile “angelo di seconda classe” che deve guadagnarsi le ali salvando il protagonista George Bailey dal suicidio. Clarence è uno dei personaggi più amati del cinema classico, e Travers riesce a rendere iconiche battute come: «Ricorda che nessun uomo è un fallito finché ha degli amici». La sua interpretazione tocca le corde emotive del pubblico e lo consacra come una figura indimenticabile.
Henry Travers, con il suo stile sobrio e profondamente umano, rappresenta una figura unica nel cinema classico americano. La sua carriera, che si estende fino al 1949 con il suo ultimo film La foglia di Eva, lascia un’impronta indelebile. Si ritira a vita privata dopo aver regalato al pubblico interpretazioni memorabili. Muore il 18 ottobre 1965 a Hollywood, all’età di 91 anni.

3) Harry Davenport


Nasce il 19 gennaio 1866 a New York, città che brulica di teatri e fermento artistico. Cresce in una famiglia che vive di spettacolo, e per lui il palcoscenico diventa un destino già scritto: debutta da bambino a soli cinque anni, e da quel momento la recitazione diventa una parte integrante della sua vita. Davenport passa la sua giovinezza calcando le scene di Broadway, dove il suo talento e la sua dedizione lo portano a diventare una figura rispettata tra i colleghi. È qui che incontra Phyllis Rankin, attrice e sua compagna di vita, con cui condivide non solo il palcoscenico ma anche una famiglia.
Non è solo un attore, ma un uomo determinato a migliorare le condizioni di chi, come lui, vive del mestiere teatrale. All’inizio del Novecento, quando il lavoro per gli attori è duro e spesso malpagato, Davenport guida una protesta storica insieme a Eddie Foy. Con grande tenacia, riescono a ottenere diritti fondamentali per i lavoratori dello spettacolo, come una settimana lavorativa ridotta e l’installazione di acqua corrente nei camerini, un gesto che segna un momento di svolta per il teatro americano. Questa capacità di lottare per ciò in cui crede resterà una costante nella sua vita, sia personale che artistica.
Davenport si avvicina al cinema nel 1914, quando è già un uomo maturo, e per un breve periodo si dedica anche alla regia. Tuttavia, il richiamo della recitazione è troppo forte, e presto si concentra esclusivamente sul suo lavoro di attore. Con la sua figura imponente, i capelli candidi e uno sguardo che sa alternare dolcezza e autorità, diventa il volto perfetto per interpretare giudici, medici, patriarchi e anziani saggi.
Uno dei suoi ruoli più celebri arriva con Via col vento (1939), dove interpreta il Dr. Meade, il medico di Atlanta che affronta la tragedia della Guerra Civile con calma e dignità. Nello stesso anno, veste i panni di Re Luigi XI in Notre Dame, mostrando la sua abilità nel dare vita a figure storiche. Ma Davenport è anche il nonno che tutti vorremmo: nel 1944, incarna il tenero e rassicurante patriarca della famiglia Smith in Incontriamoci a St. Louis, una delle sue interpretazioni più memorabili.
La sua carriera è un susseguirsi di ruoli iconici che mettono in luce la sua versatilità: è il Giudice Payson in Il coraggio di Lassie (1946) e il Giudice Thaddeus Turner, lo zio saggio e severo in Vento di primavera (1947). È il padre di Nick Charles in L’uomo ombra torna a casa e nel film Piccole donne (1949), interpreta il Dr. Barnes, portando ancora una volta sullo schermo quella combinazione di autorevolezza e calore umano che lo rende unico.
Con oltre 160 film all’attivo, Harry Davenport è un simbolo di dedizione al mestiere di attore. Lavora instancabilmente fino alla fine dei suoi giorni e si spegne il 9 agosto 1949 a Los Angeles, per un attacco cardiaco. Un giornale dell’epoca lo definisce “il caratterista dai capelli bianchi” con “la carriera più lunga nella storia della recitazione americana,” un omaggio a un uomo che ha lasciato un’impronta indelebile nella storia del cinema.



4) Barry Fitzgerald

 

Vi sembrerà strano, ma Barry Fitzgerald, una delle presenze più amate del cinema classico, nasce il 10 marzo 1888 a Dublino, in Irlanda, lontano da Hollywood e dai suoi riflettori. Il suo vero nome è William Joseph Shields, e fin da giovane dimostra un talento innato per la recitazione. Dopo essersi unito all’Abbey Theatre, il prestigioso teatro dublinese, lavora in tournée su tutto il territorio irlandese, diventando un volto familiare del teatro nazionale. Uno dei suoi ruoli più importanti è in L’aratro e le stelle di Sean O’Casey, che lo porterà anche al debutto cinematografico, quando John Ford lo scrittura per la trasposizione del 1936.
Barry Fitzgerald non ha il fisico o la voce del tipico attore protagonista hollywoodiano: è basso, con lineamenti marcati e una voce roca. Tuttavia, questi tratti diventano i suoi punti di forza, rendendolo un interprete autentico e credibile in ruoli che richiedono umanità e profondità. Dopo il successo iniziale con Ford, la sua carriera prende il volo, e Fitzgerald si specializza in ruoli di saggi, sacerdoti, marinai e personaggi del popolo.
Tra i suoi primi successi a Hollywood, spicca il ruolo del giardiniere in Susanna! (1938), una commedia brillante diretta da Howard Hawks, dove affianca Cary Grant e Katharine Hepburn in una storia di equivoci e romanticismo. Con il passare degli anni, Fitzgerald diventa uno dei caratteristi più amati e richiesti. Nel 1941, interpreta un marinaio intimorito in Il lupo dei mari di Michael Curtiz, tratto dall’omonimo romanzo di Jack London. Ma è con La mia via (1944) che raggiunge il culmine della sua carriera: nei panni di Padre Fitzgibbon, un sacerdote burbero ma adorabile che si scontra con le idee moderne del giovane Bing Crosby, regala una performance indimenticabile. Questo ruolo gli vale un Oscar come miglior attore non protagonista ed è l’unico caso nella storia dell’Academy in cui un attore riceve una doppia candidatura (protagonista e non protagonista) per lo stesso film.
In Un uomo tranquillo (1952), ancora una volta diretto da John Ford, Fitzgerald interpreta Michaleen Oge Flynn, un mediatore di matrimoni e vetturino che aiuta il protagonista, John Wayne, a navigare le tradizioni irlandesi. Con il suo spirito scanzonato e le battute argute, diventa una delle anime più vivaci del film. Fitzgerald si cimenta anche con il genere poliziesco, interpretando il tenente di polizia in La città nuda (1948), un classico di Jules Dassin. Mostra ancora il suo talento in Pranzo di nozze (1956), dove interpreta lo zio bisbetico che aggiunge un tocco di ironia a una storia di famiglia.
Barry Fitzgerald è un attore che trasforma ogni ruolo in un capolavoro di autenticità, portando sullo schermo una combinazione unica di umorismo e profondità. Lavora instancabilmente fino alla fine degli anni ’50, quando si ritira in Irlanda. Si spegne il 14 gennaio 1961 a Dublino, lasciando un’eredità di ruoli indimenticabili che continuano a essere celebrati ancora oggi.


5) Walter Brennan


Nasce il 25 luglio 1894 a Swampscott, un piccolo centro del Massachusetts. Figlio di immigrati irlandesi, Walter cresce in un ambiente semplice, ma il suo percorso verso Hollywood è tutto tranne che lineare. Dopo aver combattuto nella Prima Guerra Mondiale, torna negli Stati Uniti e si cimenta in vari lavori, tra cui il commercio immobiliare, prima di approdare al cinema come comparsa nei film muti. Il suo volto segnato, il fisico dinoccolato e la voce roca diventano presto i suoi tratti distintivi, perfetti per ruoli di uomini anziani, anche quando è ancora relativamente giovane.
La svolta arriva negli anni ’30, quando inizia a distinguersi nei ruoli di supporto. Brennan conquista il suo primo Oscar come miglior attore non protagonista con Ambizione (1936), grazie alla sua interpretazione di Swan Bostrom, un anziano agricoltore che lotta per migliorare le condizioni della sua famiglia. Questo premio segna l’inizio di un’epoca d’oro per Brennan, che vince altri due Oscar nella stessa categoria: uno per Kentucky (1938), in cui interpreta Peter Goodwin, un uomo di mezza età legato alle tradizioni del Sud, e uno per L’uomo del West (The Westerner, 1940), dove dà vita al giudice Roy Bean, un personaggio carismatico e ambiguo che regala profondità e ironia al film.
Tra i ruoli più iconici di Brennan c’è quello del pastore Rosier Pile in Il sergente York (1941), una figura guida per il protagonista Gary Cooper, che bilancia umorismo e saggezza in un’interpretazione memorabile. Nel 1944, in Acque del sud, affianca Humphrey Bogart e Lauren Bacall come Eddie, un marinaio ubriacone ma dal cuore d’oro, dimostrando ancora una volta la sua capacità di fondere umanità e leggerezza.
In L’anima e il volto (Stolen Life, 1946), Brennan interpreta Folger, un guardiano del faro che si muove con ambiguità tra la tenerezza e il pragmatismo, contribuendo a sottolineare il dramma vissuto dalla protagonista interpretata da Bette Davis. Il ruolo di Folger, seppur minore, rimane uno dei suoi più intensi grazie alla profondità che riesce a imprimere al personaggio.
In Arriva John Doe (1941), Brennan interpreta il Colonnello, un amico fidato che aiuta il protagonista nella sua crociata contro le ingiustizie. Nel genere familiare e romantico, invece, dà una sfumatura ironica al suo personaggio in Tammy fiore selvaggio (1957): Nonno John è un anziano burbero e indipendente che finisce nei guai per la produzione illegale di alcol, ma resta un punto di riferimento affettuoso per la protagonista interpretata da Debbie Reynolds. 

Ha brillato nei western : in Un dollaro d'onore è Stumpy il vecchietto tuttofare brontolone spalla di John Wayne, ma è anche un padre spietato in Sfida infernale.

Infine, in Darby O'Gill e il re dei folletti (1967), offre una doppia performance brillante come D.J. Mulrooney, il magnate del legname dal cuore gentile, e come Knobby, uno gnomo bisbetico e irascibile, regalando un tocco di magia e divertimento.
Walter Brennan lavora instancabilmente fino agli anni ’60, diventando una presenza imprescindibile nel western e in molti altri generi. Si spegne il 21 settembre 1974 a Oxnard, in California, ma lascia un’eredità che continua a ispirare, incarnando lo spirito di un’epoca in cui i caratteristi avevano il potere di trasformare anche i ruoli più piccoli in capolavori.



6) James Gleason


Nasce il 23 maggio 1882 a New York, in una famiglia in cui il teatro è una passione di famiglia. Da giovane, James Gleason non sceglie subito il palcoscenico: svolge vari lavori, dal fattorino all’addetto all’ascensore, e si arruola sedicenne nell’esercito, servendo per tre anni nelle Filippine. Tornato in patria, decide di intraprendere la carriera di attore e si trasferisce a Londra, dove lavora per due anni nei teatri locali. Tornato negli Stati Uniti, Gleason si dedica al teatro e alla scrittura, firmando diverse commedie di successo a Broadway.

Con l’avvento del sonoro, James Gleason fa il suo debutto cinematografico nel 1927, dopo aver lavorato come sceneggiatore e dialoghista. La sua fisicità minuta, il volto spigoloso e la voce roca lo rendono perfetto per ruoli di caratterista. Gleason si distingue presto in una vasta gamma di personaggi: poliziotti burberi, giornalisti schietti, manager sbrigativi ma di buon cuore, tutti interpretati con un’energia e una naturalezza che conquistano il pubblico.
Il suo primo grande successo al cinema arriva con L’inafferrabile signor Jordan (1941), in cui interpreta Max "Pop" Corkle, il manager di boxe del protagonista, un ruolo che gli vale una candidatura all’Oscar come miglior attore non protagonista. È una performance che sintetizza il meglio del suo stile: dinamico, ironico e autentico. Gleason continua a farsi notare in ruoli memorabili, come il tenente Rooney nella commedia nera Arsenico e vecchi merletti (1944) di Frank Capra, dove porta una ventata di comicità nel mezzo di una storia surreale. Lo stesso anno è l’assistente di Cary Grant nella commedia fantastica L’ottava meraviglia.
Tra i suoi ruoli più iconici c’è quello del lattaio che prende a benvolere Judy Garland e Robert Walker in L’ora di New York (1945), dove mostra il suo lato più tenero e affettuoso. Gleason brilla anche in commedie leggere: è il tassista Sylvester in La moglie del vescovo (1947) accanto a Cary Grant, il reporter Harry Summers in La fortuna si diverte (1950), e il manager di Marilyn Monroe in Matrimoni a sorpresa (1952). Mostra la sua versatilità interpretando Henry Connell, l’editore cinico ma dal cuore d’oro in Arriva John Doe (1941), diretto da Frank Capra.
Anche negli anni successivi, Gleason continua a brillare nei ruoli secondari: in Il balio asciutto (1958), recita al fianco di Jerry Lewis come il burbero ma affettuoso Doc Simpkins. La sua carriera lo porta anche sul piccolo schermo, dove diventa una presenza familiare grazie a ruoli in serie televisive come The Life of Riley e Alfred Hitchcock presenta.
James Gleason lavora instancabilmente fino alla fine, regalando interpretazioni che riescono a rendere uniche anche le parti più piccole. Si spegne il 12 aprile 1959 a Woodland Hills, lasciando un’eredità di oltre 150 film e una reputazione come uno dei caratteristi più amati del cinema classico americano. Con il suo stile diretto e la sua energia travolgente, Gleason resta un esempio perfetto di come il talento possa rendere memorabili i ruoli di supporto.


E voi, quanti volti familiari avete riconosciuto prima che ve li svelassi? Forse vi è bastato un gesto, una battuta, o quella sfumatura particolare che rende un personaggio unico. I caratteristi sono così: non rubano la scena, ma la completano, le danno un’anima, arricchendola con la loro autenticità.
Senza di loro, le storie che amiamo sarebbero incomplete. Sono loro a dar vita ai dettagli, a riempire gli spazi con personalità e sfumature che restano nella memoria anche quando i titoli di coda scorrono. Sono loro che ci fanno dire, mentre guardiamo un vecchio film: "Aspetta, questo lo conosco!". E ogni volta che li ritroviamo, ci accorgiamo di quanto ci siano mancati.
Quindi, lasciamoci incantare ancora una volta da questi artisti straordinari, perché il loro talento silenzioso è ciò che trasforma un buon film in un’esperienza indimenticabile. E voi, quante volte siete stati sorpresi nel ritrovare uno di questi volti inaspettatamente? Il cinema è anche questo: un viaggio fatto di incontri, riconoscimenti e piccole scoperte che ci legano indissolubilmente alle storie.

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