Flato e Verdura: i gioiellieri che hanno conquistato Hollywood
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Cosa mai potranno avere in comune un texano irriverente e un duca siciliano raffinato?
Facciamo un passo indietro, esattamente a quando mi imbatto in un’immagine dal film Incantesimo (1938) con Katharine Hepburn. Una foto che avevo già visto, ma questa volta, nella tranquillità del momento, il mio sguardo si sofferma su un dettaglio che non avevo mai notato prima: un anello indossato sul mignolo, un gioiello unico, con tre diamanti pendenti che sembrano quasi sospesi.
Che oggetto curioso, ho pensato. Mi sono chiesta chi potesse averlo disegnato.
La curiosità mi ha spinta a cercare altre immagini dal film, ed è lì che ho visto qualcosa di ancora più singolare: una spilla a forma di mano. Sembrava fare il numero quattro, ma scoprendo di più ho capito che rappresentava la lettera W del linguaggio dei segni. Ancora una volta, la domanda si è riproposta: chi aveva creato questi gioielli così particolari? Il nome comparso in tutte le mie ricerche era Paul Flato, un designer americano la cui storia sembrava tanto straordinaria quanto le sue creazioni.
Più scavavo, più emergevano dettagli incredibili. Flato era un genio creativo, brillante e ironico, capace di trasformare simboli quotidiani e idee surreali in capolavori indossabili. Ma non era solo. Durante le mie letture, un altro nome ha catturato la mia attenzione: Fulco di Verdura, duca siciliano con un talento naturale per l’arte e il design. Fulco aveva lasciato la sua Palermo per lavorare a Parigi con Coco Chanel, prima di approdare negli Stati Uniti, dove il suo stile inconfondibile avrebbe conquistato Hollywood.
Due uomini, diversi per origini e temperamento: Flato, texano irriverente con un’ironia affilata; Verdura, aristocratico raffinato che portava nei suoi gioielli la luce del Mediterraneo. Eppure, entrambi hanno scritto una pagina indelebile nella storia del cinema, dell’arte e della moda, rubando la scena alle case più blasonate di Parigi e New York.
Con questo articolo voglio raccontarvi come ci sono riusciti.
Paul Flato
Trova la sua occasione nella 47ª strada, la via della gioielleria a New York, lavorando come venditore di orologi forniti da Edmond E. Frisch, un noto grossista svizzero. Qui si fa subito notare per il suo talento innato nella vendita e per la capacità di costruire rapporti personali con i clienti. Flato ha un dono particolare: non si limita a offrire prodotti, ma intrattiene chiunque incontri con aneddoti vivaci e un’energia contagiosa. È grazie a questo approccio che, presto, molti clienti iniziano a preferire lui a Frisch.
Un episodio rimasto celebre racconta di una delle sue clienti più importanti, Florence Gould, nuora del magnate ferroviario Jay Gould. Durante una cena con Louis Arpels, co-fondatore della prestigiosa maison di gioielli Van Cleef & Arpels, Gould si vanta di aver acquistato i suoi gioielli da Flato. Mentre racconta, però, il collier si sgancia inaspettatamente e finisce nella zuppa. Flato amava raccontare questo episodio, trasformandolo in una storia memorabile che metteva in luce il suo talento per intrattenere e costruire rapporti di fiducia con i suoi clienti.
Nel 1927, forte del successo e della sua crescente reputazione, Flato decide di mettersi in proprio. Apre il suo primo negozio al numero 1 di East 57th Street, all’angolo con la Quinta Strada, una posizione che lo colloca nel cuore del lusso newyorkese. La boutique diventa rapidamente un punto di riferimento per un’élite sofisticata. Anche se Flato non disegna personalmente i gioielli, guida con precisione il lavoro del suo team di designer capaci di dare forma alla sua visione e trasformare le sue idee in gioielli che hanno fatto epoca. Tra questi spiccano Adolph Klety, maestro dei gioielli in platino e diamanti caratterizzati da motivi morbidi e naturali che Flato amava definire “drippy” (fluide e gocciolanti), e George Headley, noto per i suoi design decorativi e audaci, spesso giocosi, che riflettevano lo spirito ironico del marchio. E poi c’è Fulco di Verdura, un giovane aristocratico siciliano che collabora con Flato fino al 1939, quando decide di mettersi in proprio. La loro collaborazione aggiunge un ulteriore tocco di raffinatezza e creatività alle collezioni di Flato, rendendo il marchio ancora più ambito tra le élite di New York e Hollywood.
Negli anni ’30, Paul Flato diventa uno dei designer più audaci e innovativi della gioielleria americana. Il suo stile, ricco di ironia e originalità, rivoluziona le convenzioni, trasformando ogni gioiello in un’opera d’arte capace di raccontare una storia. Flato si distingue per la capacità di reinterpretare oggetti e simboli quotidiani con un tocco giocoso e sofisticato: mani stilizzate, lettere del linguaggio dei segni, piedi, telefoni, buste e persino ambulanze diventano spille, ciondoli e bracciali. Ogni creazione è unica e racconta qualcosa di personale, catturando l’immaginazione di chi la osserva.
La sua creatività non si ferma agli oggetti simbolici. Anche i motivi floreali vengono trasformati: mentre altri designer dell’epoca, legati al rigore dell’Art Deco, preferiscono linee geometriche e pietre tagliate ad angolo, Flato dà ai suoi fiori un’apparenza quasi animata. Petali, boccioli e foglie prendono vita grazie a dettagli articolati e montature flessibili, che trasmettono una sensazione di movimento e naturalezza.Negli anni ’30, la boutique di Flato diventa una tappa obbligata per la società newyorkese. Organizza sfilate al Ritz-Carlton, dove le debuttanti indossano le sue creazioni, e conquista le pagine di riviste prestigiose come Vogue e Harper’s Bazaar. Il suo nome diventa sinonimo di innovazione e raffinatezza.
Nel 1937, Flato punta a espandere il suo regno. Apre una seconda boutique su Sunset Boulevard, a Los Angeles, proprio di fronte al celebre locale Trocadero, frequentato dalle star di Hollywood. L’edificio stesso, descritto come una fusione di monumentalità egizia, splendore babilonese e armonia greca, rifletteva lo stile audace e sofisticato del gioielliere. Per l’inaugurazione, Flato si affida a Constance Collier, icona del teatro e del cinema, che diventa una sorta di sponsor hollywoodiano per il designer. Nota per i suoi ruoli in Intolerance di D.W. Griffith e Stage Door accanto a Katharine Hepburn e Ginger Rogers, Collier garantisce all’evento un’aura di eleganza e prestigio, attirando una folla selezionata (io la ricordo per il mio amato Nodo alla gola di Hitchcock, di cui vi ho parlato qui).
Tra i partecipanti all’inaugurazione spicca Elsa Schiaparelli, rivale di Coco Chanel e pioniera della moda surrealista. La stilista, affascinata dalla creatività di Flato, sceglie di acquistare una spilla a forma di cactus disegnata da Fulco di Verdura, un’allusione ironica alle convenzioni floreali dell’epoca. Questo gesto sancisce il legame tra la maison Flato e il mondo del design visionario, confermando il marchio come un punto di riferimento per l’élite internazionale.
È un successo immediato: le sue creazioni iniziano a comparire non solo nelle vite private delle dive, ma anche sul grande schermo. Attrici del calibro di Greta Garbo, Katharine Hepburn e Joan Crawford scelgono i suoi gioielli, consacrandolo come il gioielliere delle stelle e del glamour hollywoodiano.
Uno dei pezzi di Flato che mi ha particolarmente incuriosito è il “Gold Digger bracelet”, un bracciale che combina elementi simbolici legati alla corsa all’oro. Include una pergamena con l’atto di proprietà, un piccone, una carriola, una vanga, un setaccio e una pepita d’oro, trasformati in dettagli preziosi e raffinati, ispirati ai musical di Berkeley.
Flato non si limitava a creare gioielli, ma trasformava ogni pezzo in un’opera d’arte capace di raccontare una storia unica. Tra le sue creazioni più iconiche c’è la spilla "Hand of God", realizzata in oro 18 carati e impreziosita da sette stelle di diamanti. Questo gioiello straordinario, posseduto dall’attrice Joan Bennett, riflette lo stile giocoso e simbolico che caratterizzava il lavoro di Flato, rendendolo immediatamente riconoscibile.Un’altra creazione celebre è il cuore di Millicent Rogers, un capolavoro nato dalla collaborazione tra il designer e l’ereditiera della Standard Oil. Il “Millicent Rogers Heart” è una spilla in rubini, zaffiri, diamanti colorati e smalto, con un grande cuore rosso coronato da un drappo di zaffiri e il motto Verbum Carro (“Il verbo si è fatto carne”), attraversato da una freccia in diamante giallo. Questo gioiello, simbolo di passione e audacia, è stato indossato spesso da Millicent Rogers ed è diventato uno dei pezzi più iconici della collezione Whimsies, lanciata da Flato negli anni ’30. Venduto all’asta da Christie’s nel 2014, ha raggiunto la cifra di 425.000 dollari, a dimostrazione del suo valore artistico e storico.
I suoi gioielli diventano protagonisti anche sul grande schermo, come dimostra Incantesimo (1938). In questo film, Katharine Hepburn indossa alcuni dei suoi pezzi più riconoscibili. Tra questi c’è l’“Egyptian toe ring”, un anello ispirato a un pezzo acquistato da Flato in Egitto per soli due dollari. Tornato a New York, Flato chiede ai suoi artigiani di ricrearlo in platino e diamanti, aggiungendo tre piccoli pendenti che sembrano quasi fluttuare.
In un’altra scena del film, Hepburn sfoggia una delle spille “initial clips” di Flato, che rappresentano lettere del linguaggio dei segni. La spilla, una mano stilizzata che forma la lettera W (come il cognome della madre della protagonista nella storia) riflette perfettamente lo spirito creativo e giocoso del designer.
Un altro esempio di Flato sul grande schermo appare in Non tradirmi con me (1941), con Greta Garbo. In questo film, la diva indossa alcuni dei pezzi più straordinari del designer, tra cui due spille a forma di farfalla, posizionate sulle spalle, e una coppia di spille “swirl” tra i capelli. Nonostante l’uso di questi gioielli straordinari, il film è un insuccesso. Il pubblico e la critica non apprezzano il tentativo di trasformare l’immagine eterea e drammatica di Garbo in quella di una figura più leggera e spensierata. Perfino le sue scene di danza, abbinate ai costumi meno ricercati del solito, risultano poco convincenti. Neppure il tocco scintillante di Flato riesce a salvare una produzione che molti considerano dissonante rispetto alla personalità dell’attrice. Questo sarà l’ultimo film della sua carriera, un addio amaro per una star di tale calibro.Come disse il mio prof di cinema durante una lezione “Non si può mettere Greta Garbo sugli sci”.
Dopo una carriera scintillante, la vita di Paul Flato prende una svolta drammatica negli anni ’40. Nel 1943 viene accusato di aver impegnato gioielli per un valore di 100.000 dollari, affidatigli da colleghi e clienti. Nonostante Flato abbia sempre proclamato la sua innocenza, viene condannato a 16 mesi di reclusione nella prigione di Sing Sing. Solo in seguito si scoprirà che i gioielli erano stati rubati dal taschino di un abito dal suo sarto. Ma ormai la sua reputazione è compromessa.
Rilasciato nel 1945, Flato lascia gli Stati Uniti e si trasferisce a Città del Messico, dove rimane fino al 1953. Durante questo periodo, combatte contro una possibile estradizione per nuove accuse di furto e falsificazione legate a una truffa orchestrata da una cartomante, che sosteneva di vantare crediti nei suoi confronti. L’uomo che aveva definito il lusso e il glamour hollywoodiano vive ora nell’ombra, lontano dai riflettori.
Negli anni successivi, Flato cerca di riprendere il controllo della sua vita. Nel 1970 ritorna a Città del Messico, dove apre un negozio di gioielli nella trendy Zona Rosa. Qui lavora in relativa anonimato, lontano dall’industria che una volta lo aveva celebrato. Nel 1990, ormai anziano, decide di tornare in Texas per trascorrere i suoi ultimi anni circondato dalla famiglia.
Paul Flato si spegne nel 1999, a 98 anni, lasciando un’eredità di creatività e innovazione che continua a ispirare. I suoi gioielli, amati dalle star e apprezzati dagli appassionati, non sono semplici accessori, ma opere d’arte che raccontano storie. Anche nella caduta, Flato non ha mai rinunciato alla sua passione per la bellezza e il design. È proprio questo spirito, insieme alla sua audacia, a renderlo una figura indimenticabile nella storia della gioielleria e del cinema.
Fulco di Verdura
Fulco Santostefano della Cerda, Duca di Verdura e Marchese di Murata la Cerda, cresce a Palermo in un’epoca che sembra uscita da un romanzo, tra saloni affrescati, giardini di zagara e una società che vive il suo ultimo, dorato splendore. È il 20 marzo 1898 quando nasce in una delle famiglie più illustri della nobiltà siciliana. Tra i suoi antenati ci sono pionieri e principi, ma è la cultura che respira nella sua famiglia a lasciare il segno. Fulco è cugino di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, il futuro autore de Il Gattopardo, e come lui cresce immerso nella bellezza e nell’eleganza, un ambiente che accende la sua innata sensibilità artistica.
Villa Niscemi, dove trascorre gran parte della sua infanzia, è un simbolo di questo mondo ormai lontano: una dimora ricca di storia, dove arte e natura convivono in armonia. Fulco assorbe ogni dettaglio, ogni sfumatura di quel mondo, coltivando uno stile che anni dopo avrebbe tradotto in gioielli capaci di raccontare storie.
Ma il destino di Fulco è quello di andare oltre le mura di Villa Niscemi. Nel 1919, un incontro segna il primo grande cambiamento della sua vita. Durante il suo viaggio di nozze a Palermo, Cole Porter, brillante compositore americano, e sua moglie Linda partecipano a una delle feste organizzate dalla famiglia di Fulco. Linda è affascinata dal giovane duca, dal suo carisma e dalla sua spiccata vena creativa. Non è solo un aristocratico con modi impeccabili: c’è qualcosa in lui che parla di arte, di potenziale inesplorato. È Linda a incoraggiarlo, a spingerlo a sognare più in grande. L’amicizia nata con i Porter non si spegnerà mai, e Fulco si troverà presto al centro di un mondo nuovo, fatto di artisti, intellettuali e personalità di spicco.
Ti presento Chanel
Il secondo grande incontro della sua vita avviene nel 1925. A Venezia, durante un ballo organizzato proprio dai Porter, Fulco incontra Coco Chanel. Lei, già regina della moda e icona di modernità, rimane immediatamente colpita dal suo stile e dalla sua raffinatezza. Fulco ha un’eleganza che non è solo esteriore: è nel modo in cui parla, in come osserva il mondo. Chanel, con il suo infallibile istinto per il talento, vede in lui qualcosa di unico. L’anno successivo, Fulco ricambia l’invito organizzando un sontuoso ballo in maschera a Palermo, spendendo tutta la sua eredità per creare un evento memorabile. Chanel, invitata d’onore, è ancora più affascinata e gli propone di trasferirsi a Parigi per collaborare con lei. A Parigi, Fulco inizia a lavorare nella maison di Rue Cambon come designer di tessuti, ma Chanel capisce subito che la sua vera vocazione è altrove. Insoddisfatta di alcuni gioielli donati dai suoi ammiratori, Chanel affida a Fulco la rielaborazione di quei pezzi. Fulco accoglie la sfida e dà vita a creazioni che uniscono la tradizione alla modernità, rompendo con le convenzioni del tempo. Tra le sue opere più celebri ci sono i bracciali con la Croce di Malta, decorati con smalti colorati e pietre preziose, che Chanel indossa ogni giorno al punto da consumarli. Fulco dimostra una straordinaria capacità di reinterpretare simboli storici, trasformandoli in gioielli audaci e innovativi.
Nel 1934, tuttavia, Fulco sente che è arrivato il momento di voltare pagina. Con il suo caro amico, il barone Nicolas de Gunzburg, intraprende un viaggio attraverso gli Stati Uniti. A bordo di una Packard, i due esplorano Palm Beach, Beverly Hills e altre mete iconiche, incontrando persone che cambieranno il corso della carriera di Fulco. In una delle loro avventure, rimasti senza benzina, Fulco riempie un fiasco d’argento con carburante per proseguire il viaggio, un episodio che racconta il suo spirito intraprendente e creativo.Arrivato a New York, Fulco entra nel mondo della gioielleria americana grazie a Paul Flato, il gioielliere più celebre dell’epoca. Collaborando come designer freelance, Fulco affina ulteriormente il suo talento, lavorando con pietre preziose e creando pezzi unici. Quando Flato apre la sua boutique a Los Angeles, Fulco si trasferisce lì, contribuendo al successo della casa e gestendo direttamente le operazioni del negozio hollywoodiano.
Ma Fulco non è destinato a restare nell’ombra di qualcun altro. Nel 1939 decide di mettersi in proprio, un passo audace che segna l’inizio della sua trasformazione in uno dei gioiellieri più iconici del XX secolo. Il mondo di Fulco non è più quello dei saloni di Villa Niscemi, ma le sue creazioni continuano a portare con sé la luce e l’eleganza della sua Palermo.
È il primo settembre 1939 quando Fulco di Verdura inaugura il suo atelier al 712 della Fifth Avenue a New York. È un momento cruciale: mentre l’Europa scivola nella Seconda Guerra Mondiale, Fulco è pronto a lasciare il segno nel mondo della gioielleria, seguendo una visione tutta sua. Con il supporto finanziario di Cole Porter e Vincent Astor, apre un elegante showroom che riflette il suo stile: audace, sofisticato, profondamente personale.
Non ci vuole molto perché il suo nome diventi sinonimo di creatività ed eleganza. I gioielli di Verdura sono diversi da tutto ciò che il mercato offre in quel momento. Fulco trasforma simboli quotidiani e naturali in opere d’arte sorprendenti, fondendo tradizione e modernità. Le sue creazioni evocano la luce e i colori della Sicilia, a volte con rimandi all’opulenza barocca: tonalità vivaci, linee ornate, dettagli che parlano di una cultura ricca e stratificata.
I pezzi iconici
Le spille create da Fulco di Verdura non erano semplici ornamenti, ma veri e propri "pezzi da conversazione". La loro originalità e il simbolismo che portavano con sé non solo attiravano l’attenzione, ma diventavano spesso un ottimo argomento per rompere il ghiaccio durante occasioni sociali. Indossare una delle sue creazioni significava portare con sé un’opera d’arte, capace di completare un abito e al tempo stesso di suscitare curiosità.
Uno dei suoi gioielli più celebri è il “Wrapped Heart” (cuore legato), un capolavoro di cabochon di rubini avvolti in un morbido nastro d’oro annodato con maestria. Questo simbolo di romanticismo e passione è stato scelto da Tyrone Power come regalo per la moglie Annabella a Natale nel 1941, ma è anche stato acquistato da Oleg Cassini per Gene Tierney.
Un altro pezzo iconico è la spilla Melagrana, che celebra la fertilità e la prosperità. Realizzata in oro e tempestata di rubini che simulano i semi del frutto, rappresenta un legame diretto con la natura e con l’eredità mediterranea di Verdura.
Similmente ispirate alla natura, le spille Conchiglie e delfini evocano il mare e il fascino del Mediterraneo, con gemme colorate e dettagli che sembrano una poesia dedicata alla vita marina.
Tra le creazioni legate alla natura spiccano anche le foglie autunnali, catturate con zirconi che replicano i colori dei boschi e montate su eleganti strutture in oro giallo (io me ne sono innamorata follemente ma costano 80.000 euro, quindi direi che passo).
Tra i suoi pezzi più amati c’è anche il bracciale "Curb-Link", uno dei preferiti di Greta Garbo. Le sue maglie arrotondate e lisce, impreziosite da diamanti, combinano un design sobrio ed elegante con una bellezza intramontabile.
Un altro esempio della sua genialità sono gli orecchini e la spilla "Target", decorati con anelli concentrici di pietre preziose e minuscole frecce. Questi gioielli incarnano humour e raffinatezza, trasformando il simbolismo del bersaglio in un oggetto di irresistibile eleganza.
Il suo atelier di New York divenne presto un punto di riferimento per l’élite americana. Tra i suoi clienti figuravano le sorelle Cushing, icone della società newyorkese. Per Betsey Cushing Whitney, Verdura creò una tiara audace e raffinata, ispirata alle piume degli Indiani d’America, indossata durante un ricevimento a Buckingham Palace.
Le sue creazioni non si limitarono ai salotti, ma arrivarono anche sul grande schermo.
Joan Fontaine non aspettava che gli uomini le regalassero gioielli: se li comprava da sola. E in Il sospetto (1941), indossa una delle sue creazioni più straordinarie. La spilla, ispirata al dio romano Mercurio, presenta due topazi rosa a forma di pera da circa 35 carati ciascuno, incorniciati da ali in oro magnificamente incise e arricchite da diamanti, evocando i piedi alati del dio. Un dettaglio mitologico che aggiunge fascino e mistero al thriller di Alfred Hitchcock.
In Ape regina (1955), Joan Crawford non si limita a indossare costumi drammatici e impeccabili: molti dei gioielli che vediamo sullo schermo appartengono alla sua collezione personale. Tra questi, spicca una spilla a forma di cuore stilizzato, realizzata interamente in brillanti. Per aggiungere ancora più luminosità alla scena, Joan decide di indossare il gioiello come un ciondolo, agganciandolo a una collana di diamanti altrettanto sfolgorante. Se avete occasione di vedere il film, vi sfido a non rimanere ipnotizzati dal bagliore dei suoi gioielli, che sembrano quasi un’estensione della sua personalità imponente e carismatica.
Ma questo non è l’unico momento in cui quel cuore scintillante ha lasciato il segno. Lo stesso gioiello sarà protagonista di una serata iconica: gli Oscar del 1963. Dopo la mancata candidatura per il suo ruolo in Che fine ha fatto Baby Jane?, Joan si offre di ritirare il premio per Anne Bancroft, vincitrice come Miglior Attrice Protagonista per Anna dei miracoli. Quella serata, immortalata dai fotografi e rimasta nella memoria collettiva, ha consacrato ancora una volta Joan Crawford come una figura magnetica e irresistibile, capace di rubare la scena anche fuori dallo schermo. Vi ho raccontato di questo episodio sia nell’articolo sulla faida con Bette Davis, sia in quello sulla serie Feud (che, se non l’avete ancora vista, vi stra-consiglio).
L'incontro con Salvador Dalí
Nel 1941, Fulco di Verdura si ritrova ospite di Caresse Crosby, mecenate delle arti e figura chiave della Café Society, nella sua piantagione in Virginia. Qui incontra Salvador Dalí, già celebre per il suo genio surrealista. L’atmosfera dell’incontro è surreale quanto i capolavori di Dalí: un salotto freddo, disordinato, che l’artista aveva deliberatamente preparato per stupire Fulco. È l’inizio di una collaborazione straordinaria, dove il gioielliere siciliano e l’artista spagnolo uniscono le loro visioni, esplorando temi come la mitologia e il Rinascimento.
Tra le creazioni più celebri nate da questo sodalizio ci sono due gioielli che incarnano perfettamente l’unione tra arte e design. La spilla "Apollo and Daphne" raffigura una porta palladiana in oro, sormontata da un timpano decorato con turchesi e rubini, che incornicia un disegno di Dalí raffigurante il dio greco Apollo.
Un’altra creazione, la spilla "Medusa", presenta un ritratto della Gorgone disegnato da Dalí, protetto da una morganite e circondato da serpenti scolpiti in oro verde, un omaggio visionario alla mitologia.
I gioielli sono esposti per la prima volta alla Julien Levy Gallery di New York, insieme ai dipinti di Dalí, e successivamente al Museum of Modern Art, dove furono accolti come opere d’arte a tutti gli effetti. L’unione tra Verdura e Dalí non fu solo una collaborazione artistica, ma un incontro di anime creative, capaci di fondere surrealismo e artigianato in gioielli che sfidano il tempo.
Non solo gioielli
Fulco di Verdura amava scherzare sul fatto che non ci fosse nulla di più pratico e leggero di un semplice pacchetto di Camel, ma quando si trattava di disegnare portasigarette per i suoi clienti, la sua creatività non conosceva limiti. Questi oggetti, realizzati con materiali preziosi come oro e smalti, erano simboli di stile e lusso, pensati per raccontare storie attraverso il design.
Uno dei portasigarette più celebri è quello creato nel 1940 per Panama Hattie, il musical di Broadway di Cole Porter. Verdura intrecciò strisce d’oro per riprodurre l’effetto del tessuto dei cappelli di Panama, trasformando un motivo semplice in un capolavoro di raffinatezza. Un altro esempio iconico è il portasigarette con un motivo ispirato alla paglia di Vienna, realizzato nel 1950, che riprende l’eleganza del celebre intreccio decorativo osservato da Porter su una Rolls Royce durante un viaggio a Londra.
Negli anni ’50 e ’60, Fulco consolida ulteriormente la sua reputazione, creando gioielli che combinano eleganza e humour. La sua capacità di trasformare materiali e forme in oggetti carichi di significato continua ad affascinare. Tuttavia, nel 1973, Fulco decide di ritirarsi. Dopo decenni di successo e innovazione, lascia la sua maison al socio Joseph Alfano e si trasferisce a Londra, scegliendo una casa a Eaton Square. Nonostante il ritiro, non abbandona mai del tutto l’arte: Fulco è un uomo che vive per la bellezza e il ricordo.
Fulco di Verdura muore a Londra nel 1978, ma sceglie di essere sepolto nella sua Palermo, nella cappella di famiglia nel cimitero di Sant’Orsola. La sua eredità, tuttavia, non si spegne con lui. Negli anni ’80, il marchio Verdura rischia di cadere nell’oblio, ma viene acquistato nel 1983 da Ward Landrigan, ex direttore del dipartimento di gioielli di Sotheby’s. Landrigan, insieme al figlio Nico, riporta il marchio agli antichi fasti, trasformandolo in una delle maison più prestigiose del mondo.
Oggi, lo showroom di Verdura a New York, al 745 di Fifth Avenue, non è solo una boutique: è un museo vivente. Qui sono custoditi alcuni dei pezzi più iconici di Fulco, inclusi i bracciali consumati dai polsi di Coco Chanel, e migliaia di bozzetti firmati dal maestro siciliano. Questi disegni, pieni di vitalità e di ispirazione, sono una testimonianza del genio di Fulco di Verdura e del suo contributo indelebile alla storia della gioielleria.
Paul Flato e Fulco di Verdura hanno plasmato un capitolo unico nella storia della gioielleria, trasformando la loro arte in un linguaggio universale fatto di luce, colore e dettagli impeccabili. I loro gioielli brillavano non solo per le pietre preziose, ma per il significato intrinseco che sapevano trasmettere: storie di passione, ironia e sogni audaci.
Le vite di Flato e Verdura sono un tributo al talento, alla perseveranza e al coraggio di seguire una visione, anche quando il cammino sembrava incerto. Scoprire chi erano e cosa hanno creato è un invito a lasciarsi affascinare dalla magia che solo il connubio tra arte e design può evocare.
E chissà, forse conoscere i dettagli delle loro creazioni e il mondo che le ha generate sarà per voi, come lo è stato per me, un aneddoto prezioso da condividere, uno spunto per accendere una conversazione e lasciare il vostro segno, proprio come hanno fatto loro.
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