La mia collezione di... vinili di colonne sonore pt. 3 Gene Kelly

venerdì, ottobre 04, 2024

Bentornati al mio viaggio attraverso le colonne sonore!

Nella prima parte vi ho parlato di film non prettamente musicali con colonne sonore epiche, dandovi anche qualche consiglio su come acquistare vinili di seconda mano con serenità (potete recuperarla dopo qui). Nella seconda parte, abbiamo esplorato la genialità dei grandi compositori che hanno dato vita a melodie senza tempo (la trovate qui). Oggi vi porto dietro le quinte dei musical di Gene Kelly, il re indiscusso del genere.

Anche se i musical non sono esattamente il vostro genere preferito, c'è un lato di questi film che non tutti conoscono: la sfida immensa che la loro realizzazione comporta. Oltre alla bellezza delle coreografie e delle canzoni, dietro ogni film c'è un mondo di preparazione fisica estenuante, di sfide tecniche sul set, e di decisioni artistiche che trasformano ogni scena in un vero e proprio spettacolo visivo. Non è solo questione di ballare e cantare, ma di raccontare una storia attraverso ogni movimento, ogni melodia, e ogni dettaglio della scenografia.
Vi racconterò curiosità e aneddoti su come Gene Kelly, con la sua dedizione maniacale alla perfezione, sia riuscito a superare queste difficoltà, contribuendo alla creazione di alcune delle sequenze più memorabili della storia del cinema. 

Per esempio, sapevate che durante la ripresa della famosa scena di "Singin' in the Rain", Kelly aveva la febbre a 39°C, o che Debbie Reynolds, che non era una ballerina professionista, ha dovuto imparare tutto da zero? 

Questi film non sono solo un omaggio alla musica, ma una dimostrazione di quanto impegno, talento e passione servano per creare una magia che dura nel tempo.

Vinile sul piatto, la puntina scende delicatamente e il leggero crepitio ci annuncia che è tutto pronto. Le note iniziano a farsi sentire, ed eccoci pronti per un nuovo viaggio musicale.

Diciamolo, Gene Kelly non avrebbe bisogno di presentazioni.

Con la sua presenza scenica magnetica, ha rivoluzionato il cinema musicale, portando la danza a un livello completamente nuovo. Nato a Pittsburgh nel 1912, Eugene Curan Kelly è un artista poliedrico, capace di eccellere come ballerino, attore, cantante, coreografo e regista. Non è solo un volto del cinema, ma una vera e propria leggenda che ha cambiato per sempre il modo in cui il pubblico vedeva i musical. La sua capacità di fondere la grazia del balletto con l'energia fisica della danza moderna ha reso ogni sua performance una celebrazione di agilità, forza e precisione.

Ma quello che molti non sanno è quanto fosse perfezionista e esigente sul set, non solo con gli altri, ma soprattutto con se stesso. Gene Kelly non si accontentava mai: coreografie innovative, numeri musicali complessi e una costante ricerca della perfezione erano il suo marchio di fabbrica. E tutto questo non era solo per spettacolarità: Kelly credeva che la danza dovesse essere parte integrante della narrazione cinematografica, e che non fosse solo un momento di intrattenimento, ma un modo per raccontare una storia.
All'interno del sistema degli studios di Hollywood, Kelly riuscì a ritagliarsi una sua indipendenza creativa, imponendo la sua visione artistica. Collaborava strettamente con registi, scenografi e compositori, trasformando i suoi film in opere d'arte complete, dove ogni dettaglio era curato al millimetro.

Nella sua vita personale, Kelly si è sposato tre volte. Il suo primo matrimonio, nel 1941, è stato con l'attrice Betsy Blair, famosa per il suo ruolo nel film Marty (di cui vi ho parlato qui). La coppia è rimasta insieme per oltre 15 anni e ha avuto una figlia, Kerry. Dopo il divorzio, Kelly si è risposato con la coreografa Jeanne Coyne nel 1960, con la quale ha avuto altri due figli, Bridget e Timothy. Purtroppo, il matrimonio è terminato tragicamente nel 1973 con la morte prematura di Coyne. Il suo terzo e ultimo matrimonio è stato con Patricia Ward, di oltre 40 anni più giovane, con cui è rimasto fino alla sua morte nel 1996.

1) Un americano a Parigi

 



Nel 1950, Arthur Freed è a capo dell'unità musicale della MGM, una posizione che si è guadagnato dopo anni di successi come paroliere e produttore, realizzando alcuni dei musical più iconici dello studio. La sua abilità nel creare grandi successi lo porta a concepire un progetto ambizioso: fondere la musica di George Gershwin con l'arte visiva dell'impressionismo francese. Freed individua nel poema sinfonico An American in Paris, composto da Gershwin nel 1928, la base perfetta per un film. Poiché George Gershwin è scomparso nel 1937, Freed contatta il fratello Ira, ottenendo i diritti della sinfonia a una condizione: nel film dovranno essere utilizzati esclusivamente i brani di George. Freed accetta con entusiasmo, immaginando già il potenziale per un capolavoro musicale.

Affida la regia a Vincente Minnelli, con cui aveva già collaborato ne Il pirata (1948), e sceglie Gene Kelly come protagonista e coreografo. Per il ruolo femminile, inizialmente destinato a Cyd Charisse, la gravidanza dell’attrice impone un cambio di piani. Kelly ricorda di aver visto due anni prima una giovane ballerina di 16 anni, Leslie Caron, mentre si esibiva con il Ballet des Champs Elysées di Roland Petit. Colpito dalla sua grazia e dal talento, vola a Parigi per farle un provino e, dopo tre giorni, Leslie viene chiamata a Hollywood.

La sceneggiatura viene affidata a Betty Comden e Adolph Green, che costruiscono una trama attorno a un giovane pittore americano a Parigi, integrando magistralmente le musiche di Gershwin – tra cui brani celebri come "I Got Rhythm" e "Love Is Here to Stay" – all'interno della narrazione. 

Johnny Green, direttore musicale della MGM, amplia l'orchestra da 50 a 72 membri per dare maggiore forza alla partitura. Saul Chaplin si occupa dell’adattamento delle composizioni di Gershwin per il film e, nonostante le iniziali preoccupazioni di alterare un’opera così importante, riesce a creare un arrangiamento perfettamente in linea con la visione di Freed.

Ma entriamo ancora di più in questo musical attraverso i suoi brani. 

Il primo di cui voglio parlarvi è I Got Rhythm. In questa scena, Jerry Mulligan (Gene Kelly) canta e balla con un gruppo di bambini per le strade di Parigi. Kelly volle che i bambini fossero figli di immigrati francesi, non professionisti, per aggiungere un tocco di autenticità e spontaneità alla scena. Il risultato è un momento perfetto: la loro energia naturale e la gioia genuina si fondono con il carisma di Kelly, creando una scena vibrante e memorabile. La canzone, con il suo ritmo travolgente, incarna appieno la sensazione di libertà e gioia di Jerry, felice della sua vita parigina.

In Tra-la-la, Jerry è al settimo cielo per la sua relazione con Lise (Leslie Caron) e condivide il suo entusiasmo con Adam (Oscar Levant). Nonostante il carattere burbero di Adam, i due cantano e ballano in un numero spensierato che celebra l’amore. Tuttavia, la realizzazione della scena non fu affatto semplice: i passi di danza, veloci e complessi, vennero eseguiti in uno spazio ristretto, rendendo il numero una sfida tecnica non indifferente.

Lo spettacolare I'll Build a Stairway to Paradise, eseguito da Henri Baurel (Georges Guétary), è un omaggio agli sfarzosi spettacoli di Broadway. Henri canta mentre sale una scintillante scala rosa, con ogni gradino che si illumina al suo passaggio. Attorno a lui, eleganti ballerine scendono le scale mentre altre, disposte ai lati, reggono candele come fossero statue. Pare che, a causa del calore intenso dei riflettori, alcune delle ballerine siano svenute durante le riprese. Il numero trasuda ambizione e lusso, riflettendo perfettamente la scala verso il successo del personaggio di Henri.

Un’altra scena memorabile è quella del Concerto in F for Piano and Orchestra. In un surreale sogno ad occhi aperti, Adam (Oscar Levant) immagina di eseguire il concerto di Gershwin, ma nella sua fantasia non è solo il pianista: è anche il direttore d’orchestra e ogni singolo musicista. Suona violini, xilofono, timpani, e applaude persino se stesso con entusiasmo. Questa sequenza, carica di ironia e umorismo, è una parodia del mondo musicale e riflette l’ego di Adam in maniera brillante e divertente.

 

La storia del brano 'S Wonderful inizia nel 1927, quando George e Ira Gershwin la scrivono per il musical Funny Face. La melodia semplice e ripetitiva di George è subito memorabile, mentre Ira aggiunge un tocco colloquiale e giocoso, eliminando la “It” dal titolo per rendere il testo più intimo. Nel film, 'S Wonderful è eseguita da Jerry e il suo amico Adam mentre si godono la vita a Parigi, celebrando la gioia di un amore che sboccia.


Infine, arriviamo al gran finale: il celebre An American in Paris Ballet, un'esplosione di colori e movimenti che rende omaggio ai grandi pittori francesi come Renoir e Toulouse-Lautrec. Il balletto, lungo 17 minuti e costato 450.000 dollari, è una vera scommessa per Freed, poiché è interamente senza dialogo. Girato su 44 set diversi, è una delle sequenze più ambiziose del film. Gene Kelly e Leslie Caron esprimono le emozioni dei loro personaggi esclusivamente attraverso la danza, creando un momento di pura magia cinematografica.

La produzione deve anche affrontare un imprevisto: Nina Foch, una delle attrici principali, contrae la varicella, causando ritardi e richiedendo l'uso di trucco pesante nelle ultime scene per coprire le cicatrici. Nonostante questi ostacoli, Un americano a Parigi ottiene un successo straordinario, vincendo sei Oscar, tra cui quello per il Miglior Film, e venendo inserito nel National Film Registry per la sua rilevanza culturale e storica.

La mia traccia preferita: Forse vi stupirò, ma il mio brano preferito in Un americano a Parigi è forse uno dei più semplici. "I Got Rhythm" non ha complesse scenografie, decine di comparse o coreografie impossibili. Eppure, tutto funziona alla perfezione. Il carisma di Gene Kelly e la genuinità dei bambini creano un'atmosfera irresistibile di pura gioia.
Se vi sembra di avere una sensazione di “fiato corto” durante l'ascolto, c'è una ragione precisa: Gershwin ha costruito la melodia su un ritmo che sembra rincorrere se stesso. Le frasi iniziali, come "I got...", sono leggermente ritardate rispetto al battito principale, creando una tensione sottile che vi tiene in sospeso. Poi, la frase "Who could ask for anything more?" arriva con un’esplosione di energia, liberando tutto il dinamismo accumulato. Questo gioco tra attesa e risoluzione rende il brano estremamente vivace, perfetto per la spensieratezza della scena.
Kelly inizia la scena come un vero e proprio direttore d’orchestra, facendo cantare i bambini sulle parole "I've got...", mentre anticipano ritmicamente il suo "rhythm". Man mano che il numero prosegue, l’entusiasmo cresce: sia Kelly che i bambini alzano il volume delle loro voci, seguiti dagli strumenti che li accompagnano. A un certo punto, i violini pizzicati entrano delicatamente, creando uno sfondo leggero per il numero di tip-tap di Kelly, che dona ulteriore ritmo alla scena. Infine, il tema musicale esplode in modo festoso con l'ingresso di archi e ottoni, fino a un finale travolgente che lascia tutti col sorriso.

 

2) Cantando sotto la pioggia


Nel 1951, dopo il successo di Un americano a Parigi, Arthur Freed, capo dell'unità musicale della MGM, decide di intraprendere un nuovo progetto musicale basato su alcune delle canzoni che lui stesso aveva scritto insieme a Nacio Herb Brown negli anni '20 e '30. Una delle canzoni chiave del progetto è la celebre "Singin' in the Rain", già utilizzata nel film The Hollywood Revue of 1929, attorno alla quale ruoterà la storia del nuovo film. L’idea di Freed è di realizzare un musical che celebri la transizione dal cinema muto a quello sonoro, ambientando la trama in quel cruciale periodo storico di Hollywood.

Dopo aver completato Un americano a Parigi, Freed propone il ruolo da protagonista a Gene Kelly, che accetta con entusiasmo e assume anche il compito di coreografare e co-dirigere il film insieme a Stanley Donen. Kelly, già uno dei più grandi nomi del musical hollywoodiano, porta la sua abilità di ballerino e la sua visione coreografica unica, trasformando il progetto in una delle opere più iconiche della storia del cinema.
A soli 16 anni, Debbie Reynolds viene eletta Miss Burbank, un concorso di bellezza che cattura l'attenzione di un talent scout della Warner Bros., che la mette sotto contratto. Dopo due anni, Reynolds passa alla MGM e ottiene il suo primo grande successo con la sorprendente performance nel film Due settimane d'amore. È grazie a questa performance che Freed decide di promuoverla al ruolo di protagonista femminile in Cantando sotto la pioggia. Nonostante non fosse una ballerina professionista, Reynolds affronta la sfida con impegno, sottoponendosi a tre mesi di prove sotto la guida severa di Kelly (e grazie anche all'aiuto di Fred Astaire che si è offerto di aiutarla).

La canzone "Make 'Em Laugh", interpretata da Donald O'Connor, viene creata appositamente per il film, anche se prende chiaramente spunto da "Be a Clown" di Cole Porter. Le riprese durano tre giorni, durante i quali O'Connor esegue acrobazie incredibili, come correre su un muro, spingendosi ai limiti fisici. A causa dell'intenso sforzo richiesto dalla scena, O'Connor, che all'epoca fumava quattro pacchetti di sigarette al giorno, viene ricoverato in ospedale dopo il termine delle riprese. 

Un altro numero di cui voglio parlarvi è "Moses Supposes". In questa scena Don e Cosmo trasformano una monotona lezione di dizione in un'esuberante performance di tip-tap. Annoiati dagli esercizi ripetitivi del loro insegnante, iniziano a giocare con lo scioglilingua "Moses supposes his toeses are roses", dando vita a una sequenza musicale caratterizzata da una melodia ostinata, ovvero un motivo musicale ripetuto insistentemente, che crea un ritmo coinvolgente e dà struttura al brano. Stanley Donen, il regista, ha definito questo numero "il miglior numero di tip-tap che sia mai stato fatto al cinema". La canzone, con il suo ritmo incalzante e le coreografie impeccabili, incarna perfettamente lo spirito ribelle e creativo dei personaggi, rendendo la scena vibrante e indimenticabile. 



Nella sequenza di "Good Morning", Reynolds, Kelly e Donald O'Connor si esibiscono in un numero energico e perfettamente coreografato. Tuttavia, per Reynolds, la scena rappresenta una delle prove più difficili della sua carriera. Dopo ore di riprese, le sue scarpe sono intrise di sangue, ma la sua performance rimane un esempio straordinario di resistenza e dedizione. La coreografia, che celebra l'amicizia e l'ottimismo dei personaggi, è una delle più memorabili del film.

Inizialmente, la canzone "Singin' in the Rain" era stata pensata come un numero corale, ma nelle revisioni successive diventa un assolo per Gene Kelly. La celebre scena viene girata il 17 luglio 1951 nel backlot della MGM, dove la luce del giorno viene oscurata con teli neri per simulare una notte piovosa. Le riprese affrontano problemi tecnici: la pressione dell'acqua cala ogni sera quando i residenti accendono gli irrigatori dei giardini. Kelly, nonostante una febbre di 39°C, si esibisce in una delle performance più iconiche della sua carriera, trasformando il semplice atto di camminare sotto la pioggia in un capolavoro di danza e cinema.

Il balletto "Broadway Melody", della durata di 13 minuti, è uno dei momenti più ambiziosi e controversi del film. Gene Kelly inizialmente pensava fosse troppo lungo, e il co-regista Stanley Donen arrivò persino a tagliarne una parte per alcune proiezioni private, temendo che interrompesse il flusso della narrazione. La sequenza è stata voluta da Arthur Freed, non da Kelly, come un grande numero spettacolare per il film, nonostante non contribuisca direttamente alla trama principale.
Il balletto racconta il sogno di Don Lockwood (Kelly), rappresentando il suo desiderio di successo a Broadway. La sequenza inizia con un imponente set dominato da insegne al neon e vivaci ballerini. La scena si sviluppa in una parabola sul successo e le tentazioni dello show business, con la comparsa della "vamp" interpretata da Cyd Charisse, simbolo della corruzione e del potere. Con il suo vestito verde, Charisse seduce il protagonista, portando con sé il richiamo del denaro e del compromesso artistico. Nel finale, il sogno del ballerino si trasforma in una visione onirica con la vamp che diventa una figura innocente e idealizzata, prima che il protagonista si risvegli. Durante questa scena, il suo lungo velo bianco viene mosso a ritmo di musica grazie a macchine del vento, che soffiano sincronizzate per creare un effetto visivamente poetico. La sequenza è un grande esempio di "cinema puro", dove la danza, la scenografia e il montaggio raccontano una storia senza dialoghi, riflettendo il conflitto interiore tra arte e successo commerciale.

La scena conclusiva del film si svolge al Grauman’s Chinese Theatre di cui è stata realizzata una copia (se non conoscete la storia di questo leggendario teatro potete recuperare il mio articolo qui), dove viene svelato che dietro il sipario, la vera voce che canta per Lina Lamont (interpretata da Jean Hagen) è quella di Kathy Selden, il personaggio interpretato da Debbie Reynolds.
 

Cantando sotto la pioggia non ha ottenuto grandi riconoscimenti al momento della sua uscita, con solo due nomination agli Oscar, ma è diventato un classico intramontabile, celebrato come uno dei migliori film della storia del cinema. Oggi è al primo posto nella lista dei migliori musical dell'American Film Institute e, nel 1989, è stato selezionato per la conservazione nel National Film Registry per la sua importanza culturale e storica.
 

La mia traccia preferita: non può che essere "Singin' in the Rain", un momento di pura magia cinematografica, in cui la gioia e la leggerezza dell'amore appena sbocciato si fondono in un'esplosione di musica e danza. La sequenza si apre con gli archi, che introducono un'atmosfera sognante e dolce, mentre Gene Kelly inizia a canticchiare "dum dim dum dum" con un sorriso accompagnato  xilofono accenna il tema principale, quasi in punta di piedi, preparando il terreno per la melodia che sta per esplodere.
Quando Kelly comincia a cantare la leggerezza dei suoi passi, quasi saltellati, è data dai fiati.
Gli archi lo seguono, riflettendo la sua spensieratezza e la leggerezza del momento. Uno dei momenti più iconici è quando si aggrappa al lampione, facendo roteare l'ombrello con nonchalance. Gli accenti sono accompagnati dagli ottoni.
Il tema musicale continua con un tripudio di archi che si intrecciano con la coreografia di tip tap, seguendo i suoi movimenti con un'energia crescente. Mentre il protagonista gioca con le pozzanghere, saltando e spruzzando acqua, gli ottoni e i piatti si fanno più presenti, accentuando il senso di gioia travolgente e la complicità con gli elementi naturali, bruscamente interrotto dal poliziotto.
Nel finale ritornano la delicatezza dello xilofono e i fiati, che accompagnano l’uscita di scena di Kelly. La musica chiude il cerchio, riportando lo spettatore alla serenità iniziale, ma con una nota di soddisfazione ed euforia.

3) Brigadoon


Se pensate che Arthur Freed, dopo il successo di Un americano a Parigi e mentre lavorava a Cantando sotto la pioggia, potesse limitarsi a un solo musical, vi sbagliate di grosso. Quell'uomo, con le mani in mano, proprio non ci riesce a stare. Nel 1951, decide infatti di acquistare i diritti di Brigadoon, il famoso musical di Broadway.
Brigadoon debutta a Broadway il 13 marzo 1947, diventando un successo immediato. È il primo grande trionfo per il compositore Frederick Loewe e il paroliere Alan Jay Lerner. Il musical si ispira alla fiaba tedesca Germelshausen, che racconta di una città che appare una volta ogni 100 anni, ma la storia viene trasportata nelle suggestive Highlands scozzesi. La magia e il mistero di questa ambientazione si fondono con una storia d'amore senza tempo, conquistando il pubblico: 581 repliche a Broadway e ben 685 a Londra. In una stagione che vede musical del calibro di Oklahoma!, Carousel e Annie Get Your Gun riempire i teatri, Brigadoon si distingue per la sua atmosfera incantata e la musica affascinante.
Freed, affascinato dal potenziale cinematografico della storia, mette il progetto in cantiere, ma la lavorazione di Cantando sotto la pioggia gli impedisce di avviarlo subito. Così Brigadoon resta in sospeso fino al 1953, quando viene finalmente ripreso. 

Per il protagonista, non ci sono dubbi: il ruolo è perfetto per Gene Kelly. Ma la scelta della partner femminile è tutt'altro che semplice. Inizialmente, il ruolo di Fiona viene assegnato a Kathryn Grayson, già al fianco di Kelly in Due marinai e una ragazza (1945), ma la Grayson lascia la MGM. Kelly vorrebbe Moira Shearer, ma gli impegni della ballerina con il Sadler Wells Ballet lo impediscono. Alla fine, viene scelta Cyd Charisse, il cui talento e grazia portano il ruolo a nuove vette. Charisse, però, viene doppiata nelle parti cantate da Carol Richards, che riesce a dare alla sua interpretazione un delicato accento scozzese.
Anche per il ruolo di Jeff ci sono incertezze. Arthur Freed spera di riunire Kelly con Donald O'Connor, ma quest'ultimo ha già lasciato la MGM. Così la parte va a Van Johnson, una scelta azzeccata, grazie al suo passato da ballerino.

Le riprese di Brigadoon si svolgono negli studi di Culver City, California, e non nelle Highlands scozzesi come inizialmente sperato. La politica di tagli al budget imposta da Dore Schary, subentrato a Louis B. Mayer, costringe la produzione a girare in studio. Ma la MGM non si risparmia. Viene creato uno dei set più spettacolari mai visti, con colline abbastanza robuste da sostenere i ballerini durante le danze. La salvia californiana, dipinta di color lavanda, simula l'erica scozzese, mentre le nebbie vengono realizzate con ghiaccio secco e vaporizzazione di olio. Gli alberi di plastica sono decorati con foglie vere e un ruscello di 23 metri scorre tra le valli del set, aggiungendo un tocco di realismo. L'art director Preston Ames crea un fondale dipinto così realistico che persino gli uccelli, volando, lo scambiano per il paesaggio reale.
La produzione setaccia anche Hollywood alla ricerca di suonatori di cornamusa, che però devono imparare a leggere la musica per eseguire le partiture del film.

Ma veniamo ai numeri musicali, "Down on MacConnachy Square" è uno dei brani più vivaci del film. Rappresenta il risveglio del villaggio, con i suoi abitanti che riprendono la vita quotidiana con la fiera del paese. Il set è pieno di colori brillanti e la coreografia sfrutta ogni angolo del villaggio per farci sentire immersi in quella comunità vibrante.

Un altro brano che spicca è "Waitin' for My Dearie", un dolce inno all'attesa del vero amore, cantato da Fiona (Cyd Charisse). Con la sua melodia sognante e malinconica, il brano cattura perfettamente il desiderio di Fiona di aspettare l'uomo giusto, anche se questo significa rimanere sola. Per lei, l'attesa del vero amore è preferibile a un matrimonio senza passione, e il suo sogno incarna un ideale romantico universale. La scena si svolge in una casa, dove Fiona, circondata dalle altre donne del villaggio, canta delle sue speranze per il futuro. Mentre le altre ragazze si mostrano più disposte ad accettare qualsiasi proposta pur di non rimanere sole, Fiona dichiara con fermezza che lei aspetterà il suo "laddie", anche se dovesse diventare una vecchia zitella. Ad un certo punto una delle ragazze, mascherata da uomo con baffi finti e una pentola in testa come cappello, la invita a ballare, portando una nota divertente alla scena. Le altre donne obiettano, dicendo che le notti senza un uomo sono interminabili, ma Fiona risponde con una frase che cattura l'essenza del suo ideale romantico: "La notte è ancora più lunga quando l'uomo non è quello giusto."

Non possiamo poi dimenticare "The Chase", un numero coreografato con estrema precisione che si snoda in una caccia drammatica. Gli uomini del villaggio inseguono Harry Beaton, che tenta di fuggire, sapendo che la sua fuga spezzerà il miracolo di Brigadoon. La tensione cresce con ogni passo di danza, culminando nel tragico destino di Harry. Ma la scena non rappresenta solo una caccia fisica: è anche il riflesso del dilemma interiore di Tommy, diviso tra il desiderio di tornare alla sua vita reale e la tentazione di rimanere nel mondo magico di Brigadoon. Questo balletto, pur nella sua intensità, esprime il tema centrale del film: l'amore che trascende il tempo e lo spazio.


Brigadoon, costato la considerevole cifra di 3 milioni di dollari, ottiene un più che discreto successo al botteghino con un incasso di 2,25 milioni di dollari, ma non riesce a recuperare completamente i costi di produzione. Il film viene nominato a tre Oscar: Migliore scenografia, Migliori costumi e Miglior sonoro. Tuttavia, nonostante il riconoscimento dell'Academy, Brigadoon non porta a casa nessuna statuetta.

La mia traccia preferita: Ok, qui ho davvero avuto difficoltà a scegliere, ma alla fine ha prevalso la magia di The Heather on the Hill. La canzone si apre con delicate note di flauto traverso, quasi come se fosse un risveglio graduale. Poi, pian piano, arrivano gli archi, accompagnando questo passaggio dal dormiveglia al sogno, e infine, la voce di Gene Kelly, che entra sussurrata e piena di un'aria sognante. Gli ottoni, in particolare il corno, aggiungono maestosità e profondità alla scena. Con il progredire della canzone, il ritmo diventa più vivace, e anche la voce di Kelly cresce in potenza, conferendo un senso di espansione e libertà. Ad un certo punto, Kelly lascia che siano gli archi a prendere il sopravvento, creando un’atmosfera quasi onirica, accompagnata dall'arpa che amplifica il senso di sogno. È in questo momento che inizia la coreografia sognante tra Gene Kelly e Cyd Charisse, un vero e proprio balletto della natura, con un cesto di vimini che si unisce a loro come fosse un'estensione dei loro corpi, seguendo i loro movimenti armoniosi. Un dettaglio divertente: quell'erica che sembrano raccogliere non è affatto erica, ma salvia dipinta di viola.


Ci tengo però a menzionare anche la dolcissima Waitin' for My Dearie, che mi ha ricordato Getting to Know You da "Il Re ed Io" e June Bride da "Sette spose per sette fratelli". Infine, la canzone che porta il titolo del film, Brigadoon, è una melodia suggestiva e avvolgente: la prima volta che l’ho ascoltata, mi è rimasta in testa per ore!

Dopo aver esplorato il mondo straordinario dei musical di Gene Kelly, è impossibile non ammirare la dedizione, la visione artistica e il talento che hanno reso questi film dei capolavori senza tempo. Ogni scena, ogni coreografia e ogni nota musicale raccontano una storia non solo sullo schermo, ma anche dietro le quinte, dove la perseveranza e la passione di Kelly e del suo team hanno superato sfide immense. Il cinema musicale ha saputo conquistare il cuore di generazioni, e continua a farlo, perché in fondo non si tratta solo di danza e musica, ma di emozioni universali che parlano di amore, sogni e speranze. Anche chi non ama particolarmente i musical non può fare a meno di rimanere affascinato dalla magia che questi film sanno trasmettere. E forse, è proprio questa la loro forza più grande: trasformare ogni spettatore in un sognatore, almeno per un po'.


 

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