Shakerato, non mescolato. Viaggio nei drink dei film classici pt. 3
venerdì, luglio 26, 2024Chi avrebbe mai immaginato che dietro ai cocktail più iconici della storia del cinema si nascondessero racconti così incredibili di imprenditoria, idee geniali e incontri fortuiti? Non ho potuto fare a meno di appassionarmi a queste storie affascinanti, nonostante sia completamente astemia. Eccoci giunti al terzo appuntamento con il mio viaggio tra i cocktail che hanno lasciato un segno indelebile nei film classici. Nei miei articoli precedenti, abbiamo esplorato drink che hanno brillato sul grande schermo, e se ve li siete persi, potete recuperarli qui e qui.
Oggi, continueremo questa avventura svelando i segreti di altri cocktail iconici, sorseggiati da star come Vivien Leigh, Rosalind Russell, Jack Lemmon e Anne Baxter. Siete pronti a restare meravigliati e a scoprire queste affascinanti storie? Preparatevi a essere catturati da racconti che incanteranno sia gli amanti dei cocktail che i cinefili più appassionati!
1) Negroni
La storia
Immaginatevi Firenze, negli anni tra il 1917 e il 1920, un periodo di eleganza e raffinatezza. È proprio in questa cornice che prende vita uno dei cocktail più celebri al mondo: il Negroni. La scena si svolge al Caffè Casoni, situato in via de’ Tornabuoni 83, un ritrovo per l'alta società fiorentina e punto di incontro per personaggi illustri e avventurieri.
Il protagonista di questa storia è il conte Camillo Luigi Manfredo Maria Negroni, un nobile fiorentino dalla vita avventurosa. Il conte, noto per il suo spirito indomito, ha trascorso anni viaggiando tra Stati Uniti ed Europa, vivendo esperienze straordinarie come cowboy al confine tra Alberta e Montana e tiratore di scherma a New York. Nonostante la sua vita nomade, il conte ha sempre sentito il richiamo della sua cara Firenze, dove amava trascorrere il tempo alla Drogheria e Profumeria Casoni.
Un giorno, mentre chiacchierava con il barman e amico Fosco Scarselli, Camillo ha deciso di rendere il suo solito drink un po' più deciso.
Questo drink è il Milano-Torino (Mi-To) molto popolare all'epoca, che prendeva il nome dalle città d’origine dei due ingredienti che lo compongono, il Vermouth Punt e Mes di Torino e il Bitter Campari di Milano. Questo cocktail veniva chiamato anche L'Americano per l'abitudine negli States di mescolare vermouth e amari. Di ritorno dal suo ultimo viaggio a Londra, dove aveva sviluppato un gusto per il gin, il conte ha chiesto a Scarselli di aggiungere una dose di gin, rendendo il cocktail più alcolico senza alterarne il colore. Fosco Scarselli, pur giovane, ha colto l'intuizione del conte e ha preparato il drink, e per distinguere il nuovo cocktail dagli altri, ha aggiunto una fetta d’arancia al posto del tradizionale limone. Diventato rapidamente il preferito degli aristocratici fiorentini, che hanno iniziato a richiedere a Scarselli il drink "alla maniera del conte Negroni", con il tempo, il nome è stato semplificato semplicemente in "Negroni". La leggenda narra che il conte Negroni fosse talmente affezionato al suo cocktail da berne addirittura venti al giorno, confermando il suo status di gran bevitore e amante della vita mondana.
Come questo cocktail sia arrivato negli Stati Uniti, dove ancora oggi è uno dei cocktail più richiesti, è avvolto nel mistero, anche se probabilmente è avvenuto durante e dopo il Proibizionismo quando molti bartender americani sono emigrati a Cuba e in Europa dove sono entrati in contatto con molte nuove ricette.
Anche se la data precisa della sua nascita è incerta, ci sono due elementi che permettono di circoscriverla tra il 1917 e il 1920. Prima di quella data, Fosco Scarselli non lavorava al Caffè Casoni e nel 1920 l’antiquario Francis Harper ha scritto al caro amico conte Camillo, raccomandandogli di non bere troppi Negroni.
Così, da una semplice richiesta di un nobile avventuriero, è nato un cocktail che oggi è sinonimo di eleganza e raffinatezza, un vero e proprio simbolo della mixologia italiana.
Il nome
Come abbiamo già detto il nome deriva direttamente dal conte Camillo Luigi Manfredo Maria Negroni. Inizialmente noto come "l'Americano alla maniera del conte Negroni", il nome è stato poi semplificato in "Negroni" dagli estimatori fiorentini. Questo nome è rimasto invariato e oggi viene ordinato nei bar di tutto il mondo, spesso con la corretta pronuncia italiana, rispettando la cadenza e l'accento originali
La ricetta
3 cl di Gin
3 cl di Vermouth rosso
3 cl di Bitter Campari
Come viene servito
Inizialmente presentato nelle campanelle da Vermouth, in seguito è stato servito rigorosamente nel bicchiere old fashioned, colmo di ghiaccio. La guarnizione tradizionale è una fetta d'arancia, posizionata sul bordo del bicchiere o immersa nella bevanda.
Dove lo abbiamo visto
La primavera romana della signora Stone (1961) con Vivien Leigh e Warren Beatty
In questo film, Karen Stone, una vedova ricca e famosa attrice, si trasferisce a Roma dopo la morte del marito. Qui, incontra Paolo di Leo, un giovane gigolò, e inizia una relazione con lui, cercando di ritrovare un senso di scopo e di vita.
Vediamo il cocktail Negroni in due occasioni. Nella prima, Karen lo sta bevendo quando la Contessa (interpretata da Lotte Lenya) si reca a casa sua per presentarle Paolo. Il cocktail non viene menzionato specificamente in questa scena.
Più avanti, quando Karen e Paolo vanno a cena fuori, Paolo ordina per lei lo stesso cocktail che lei stava bevendo quando si sono conosciuti.
Paolo: "Volete prendere un aperitivo, signora? Un Negroni."
Karen: "Come sapete che mi piace il Negroni?"
Paolo: "La prima volta che vi ho visto ne bevevate uno. Un Negroni e un whiskey con ghiaccio."
2) Alexander
La storia
E se vi dicessi che all'origine del cocktail Alexander ci sono un campione di baseball e un matrimonio reale? Le storie dietro questo celebre drink sono affascinanti e intrecciano due eventi molto diversi, ma entrambi degni di nota.
La prima ci porta a Philadelphia nel 1915, quando il capo barman del Racquet Club ha deciso di creare un cocktail in onore di Grover Cleveland Alexander, il leggendario lanciatore dei Philadelphia Phillies, durante il campionato di baseball World Series. Un articolo del "Philadelphia Inquirer" del 3 ottobre 1915 ha raccontato questo aneddoto. Due anni più tardi, la ricetta è stata codificata nel libro "Recipes for Mixed Drinks" del 1917 di Hugo Ensslin con il nome di Cocktail Alexander, una sofisticata miscela di gin, crème de cacao e panna fresca.
Spostiamoci a Londra nel 1922. Qui, Henry McElhone, un talentuoso barman del famoso Ciro's Club, ha creato un cocktail in occasione del matrimonio della Principessa Mary, figlia del re Giorgio V (zia paterna della futura Regina Elisabetta), con Lord Lascelles. Questo drink, noto come Princess Mary Cocktail, è stato creato per omaggiare la novella sposa con un drink dal colore bianco. Era composto dagli stessi ingredienti dell'Alexander americano: gin, crème de cacao e crema. La creazione di questo cocktail per celebrare un evento reale potrebbe essere stata influenzata dal già esistente Alexander Cocktail, anche se non ci sono prove concrete che McElhone conoscesse il drink americano.
Durante il proibizionismo negli Stati Uniti (1920-1933), la cultura dei cocktail ha raggiunto un periodo di grande creatività. I locali segreti, noti come "speakeasy", erano il luogo ideale per sperimentare nuovi mix, e l'Alexander ha trovato un posto di rilievo in questa scena. Grazie al suo aspetto innocente, simile a un bicchiere di latte, il cocktail è diventato popolare perché molte persone preferivano nascondere il sapore degli alcolici di bassa qualità con ingredienti dolci e cremosi. Terminato il proibizionismo, ha iniziato a diffondersi la pratica di sostituire il gin con il cognac (o brandy nella versione Brandy Alexander), dando vita alla versione che conosciamo oggi.
Il nome
Il cocktail Alexander deve il suo nome al famoso lanciatore di baseball Grover Cleveland Alexander a cui un bartender di Philadelphia lo ha voluto dedicare.
La Ricetta
4,5 cl di gin
3 cl di crème de cacao scura
3 cl di panna fresca
Come viene servito
L'Alexander viene servito in una coppetta cocktail (coupe glass). Il drink è tradizionalmente guarnito con noce moscata grattugiata fresca, che aggiunge un tocco aromatico e un aspetto elegante, completando l'esperienza di questo classico cocktail da dessert.
Dove lo abbiamo visto
I giorni del vino e delle rose (1962) con Jack Lemmon e Lee Remick
In questo film, Joe Clay è un pubblicitario e Kirsten Arnesen è una segretaria nella stessa azienda. Dopo un appuntamento, si recano in un bar per continuare la serata. Kirsten, che non ha mai amato gli alcolici, si siede al tavolo con Joe e rifiuta di ordinare da bere. Inizia così una conversazione sull'alcol.
Joe: "Cosa avete contro la bumba?"
Kirsten: "Non ci provo nessuna soddisfazione."
Joe: "E perché non vi dà un senso di benessere?"
Kirsten: "Sto bene come sto e poi non mi piace il sapore."
Joe: "Che cosa vi piace?"
Kirsten: "Il cioccolato. Ne vado veramente pazza."
Sentendo questo, Joe si alza e si dirige al bancone per far preparare di nascosto un cocktail speciale per lei. Quando torna al tavolo, Kirsten è sorpresa e curiosa.
Kirsten: "Che cosa avete fatto?"
Joe: "Ora vedrete. Dovete accettare, è buonissimo. È speciale per voi. È al cioccolato."
Kirsten: "È buono."
Joe: "Vi siete convinta? Brandy Alexander si chiama."
Kirsten: "Mi piace."
3) Sidecar
La storia
Come una vecchia fotografia dai bordi sfumati, piena di fascino e mistero, la storia del Sidecar ci riporta agli anni '20, quando i cocktail erano al centro di un'epoca di grande sperimentazione. Il Sidecar, con il suo equilibrio di sapori sofisticati, è nato in un'epoca in cui Londra e Parigi erano le capitali mondiali della mixologia.
Immaginatevi un capitano dell'esercito americano di stanza in Europa dopo la Prima Guerra Mondiale. Ogni sera, dopo una giornata di servizio, il capitano arriva al Buck's Club di Londra, un club per gentiluomini, a bordo del suo sidecar, il celebre motociclo con un carrozzino laterale. Fondato nel 1919, il Buck's Club era noto per il suo American Bar, un luogo dove la tradizione britannica incontrava l'innovazione dei cocktail americani in un’atmosfera più informale. Pat MacGarry, il talentuoso barman del club, è spesso accreditato come l'inventore del Sidecar. La leggenda vuole che questo capitano abbia chiesto a Pat ù di preparargli qualcosa di speciale per riscaldarsi. Ed è così che MacGarry ha mescolato cognac, Cointreau e succo di limone, creando un drink che è diventato subito popolare tra i membri del club.
Nel frattempo, a Parigi, Harry MacElhone gestiva l'iconico Harry's New York Bar. Questo bar era un rifugio per espatriati americani e un crogiolo di creatività mixologica. MacElhone, nel suo libro del 1922 "Harry's ABC of Mixing Cocktails", ha incluso la ricetta del Sidecar, attribuendone la paternità a MacGarry, anche se negli anni successivi ha iniziato a promuoversi come il vero creatore del cocktail. Il Sidecar, con il suo perfetto equilibrio tra il calore del cognac, la dolcezza del Cointreau e l'acidità del limone, ha conquistato rapidamente i palati europei.
Dall’altra parte dell’Atlantico, tuttavia, era in vigore il Proibizionismo, che ha spinto molti barman americani ad espatriare in Europa per continuare a lavorare legalmente. Abolito il Proibizionismo, questi stessi bartender sono tornati in America portandosi dietro nuove ricette di cocktail, tra cui appunto il Sidecar, che già negli anni Trenta è stato incluso nel "Savoy Cocktail Book" di Harry Craddock, consolidando il suo status di cocktail classico. Il suo successo è durato nel tempo, mantenendo la sua eleganza e il suo fascino fino ai giorni nostri, diventando un simbolo della mixologia d'epoca e un testamento alla creatività e all'innovazione dei barman del passato.
Il nome
Trae ispirazione dal celebre motociclo con carrozzino laterale, popolare durante e dopo la Prima Guerra Mondiale. La leggenda narra che il cocktail sia stato creato per un capitano dell'esercito americano che arrivava al Buck's Club di Londra a bordo del suo sidecar. Questo riferimento evocativo ha contribuito a consolidare l'immagine del drink come simbolo di avventura e raffinatezza.
La ricetta
5 cl di cognac
2 cl di Cointreau
2 cl di succo di limone fresco
Come Viene Servito
In una coppetta cocktail (coupe glass), che può essere precedentemente raffreddata per mantenere la temperatura ideale del drink. Il cocktail è tradizionalmente guarnito con una scorza di limone, aggiungendo un tocco aromatico e decorativo che completa l'eleganza del drink.
Dove l'abbiamo visto
Zia Mame (1958) con Rosalind Russell e Forrest Tucker
In questo film, Mame Dennis è una zia eccentrica e vivace che si ritrova a prendersi cura del suo giovane nipote, Patrick, dopo la morte dei suoi genitori. La loro vita è piena di avventure e incontri con personaggi altrettanto stravaganti.
Vediamo il cocktail Sidecar in una scena memorabile. Mame, sempre pronta a divertirsi e a godersi la vita, chiede a Patrick di portarle una colazione leggera. Patrick va a chiedere al domestico Ito di preparare la colazione richiesta da Mame.
Mame Dennis: "Sì, un angelo. Vai giù da Ito e digli di portarmi una colazione leggera."
Patrick Dennis: "Caffè nero e un Sidecar. E la borsa del ghiaccio per zia Vera." (Nella versione italiana, invece di "Sidecar", viene detto "tramezzino")
Quando Patrick porta il vassoio con la colazione, si vede la tazza di caffè e il bicchiere di Sidecar, che però viene rubato da zia Vera che se lo beve.
4) Polynesian Pearl Diver
La storia
Se c’è un cocktail che incarna perfettamente lo spirito dell'avventura esotica e dell'epoca d'oro della cultura Tiki, è il Polynesian Pearl Diver. Creato negli anni '30, questo drink nasce dalla mente brillante di Ernest Raymond Beaumont Gantt, meglio conosciuto come Don the Beachcomber. Don è stato un vero pioniere della mixologia Tiki, e il suo bar a Hollywood è diventato un punto di riferimento per chi cercava un'esperienza di evasione tropicale in piena città.
Don the Beachcomber non è solo il creatore del Polynesian Pearl Diver, ma è anche considerato il padre fondatore del movimento Tiki. Nato in Texas nel 1907, Don ha viaggiato per i mari del Sud Pacifico, dove è rimasto affascinato dalla cultura e dai sapori esotici. Al suo ritorno negli Stati Uniti, ha aperto Don the Beachcomber a Hollywood nel 1933, introducendo il mondo ai primi Tiki bar. Don ha cambiato il suo nome in Donn Beach, riflettendo il suo personaggio e il suo bar, che offrivano una fuga esotica con decorazioni tropicali, musica hawaiana e cocktail complessi e innovativi.
Il Polynesian Pearl Diver, originariamente chiamato "Pearl Diver’s Punch", è un perfetto esempio della creatività di Donn Beach. Il cocktail incorpora tutti gli ingredienti tipici dei drink Tiki: due tipi di rum, succo di lime e d'arancia, Angostura bitters e ghiaccio tritato. Ma il vero tocco di originalità è l'aggiunta del "Gardenia Mix" di Don. Questo mix segreto, una combinazione di burro, miele d’arancio, sciroppo di vaniglia, sciroppo di cannella e altre spezie, dona al cocktail una ricchezza e una complessità inimitabili.
La leggenda narra che Don Beach mettesse una vera perla in uno dei dieci cocktail Pearl Diver's Punch che serviva, lasciandola in premio per il fortunato cliente che la trovava.
Nonostante il cocktail sia meno presente nei menu Tiki moderni a causa della complessità del Gardenia Mix, la ricetta continua a esistere e viene apprezzata dai puristi e dagli appassionati di Tiki. Grazie a storici del cocktail come Jeff "Beachbum" Berry, che ha scoperto e pubblicato la ricetta originale nel suo libro "Sippin' Safari", il Pearl Diver ha conosciuto una rinascita e continua a incantare con il suo sapore decadente e la sua consistenza cremosa.
Il nome
La leggenda narra che Don the Beachcomber abbia chiamato il drink in onore delle donne pescatrici di perle di Tahiti. Negli anni '50, il drink fu semplificato e ribattezzato semplicemente "Pearl Diver".
La ricetta
4,5 cl di rum oro portoricano
1,5 cl di rum demerara
1,5 cl di succo di lime fresco
1,5 cl di succo d'arancia fresco
1,5 cl di Don’s Gardenia Mix
1 dash di Angostura bitters
120 ml di ghiaccio tritato
Come viene servito
Il Polynesian Pearl Diver è servito in un bicchiere unico e distintivo, creato appositamente per questo drink: ha un corpo scanalato e una parte superiore simile a una coppa, rendendolo un pezzo affascinante della vetreria Tiki. Questo tipo di bicchiere è diventato raro e molto ricercato dai collezionisti, a causa della sua fragilità e dei furti frequenti negli anni '70, ed è stato sostituito da altri bicchieri. Per guarnire il drink, si utilizza una fogliolina di menta oppure una foglia di ananas e un'orchidea commestibile, aggiungendo un tocco esotico e visivamente accattivante che completa l'esperienza del cocktail.
Dove lo abbiamo visto
Gardenia blu (1953) con Anne Baxter e Raymond Burr
In questo film, Norah Larkin, una giovane centralinista, viene coinvolta in un omicidio dopo aver accettato un appuntamento con Harry Prebble, un pittore donnaiolo interpretato da Raymond Burr. Harry invita Norah nel locale esotico Gardenia Blu.
Appena seduti al tavolo gli vengono serviti due cocktail (ordinati in precedenza da Harry che aveva detto al cameriere di non lesinare il rum). Anche se il nome del cocktail si perde nella traduzione, il drink che viene servito è il Polynesian Pearl Diver.
Harry: "Non aveva mai visto una perla del Pacifico?"
Norah: "Non in veste di cocktail."
Harry: "Non è un vero cocktail. È una brezza leggera sulla fresca laguna, è la luce lunare sui banchi di corallo. Sono belle fanciulle avvolte dalla schiuma di una cascata."
Norah: "Carino, non molto sensato ma carino. L’ha inventato lei?"
Harry: "No, l’ho imparato. Sa che cos’è la caduta di una sirena? Si comincia con un po’ di rum che subdolamente addormenta i sensi."
Norah: "Ah, preferisco la perla del Pacifico. Mmm è buono! Ma forte!"
Harry: "Tutto ghiaccio e spremuta di frutta."
Norah: "Mi posso ubriacare con questo?"
Harry: "Lo desidera?"
Norah: "Non lo so, non so bene cosa voglio."
Se pensate che il viaggio nei cocktail sia giunto al termine, vi sbagliate di grosso! Non solo ho da raccontarvi le storie incredibili di altri drink, ma vi anticipo che ci saranno anche articoli dedicati esclusivamente al cocktail Martini e alle sue infinite varianti, così come allo Champagne e alle sue eleganti declinazioni. Restate sintonizzati per scoprire ancora più storie affascinanti di creatività, storia e cinema. Siete pronti a continuare questa avventura? Il meglio deve ancora venire!
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1 commenti
Mi è venuta sete. Bell'articolo!
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