Accadeva a Hollywood: Glorie spezzate: Frances Farmer, una vita tormentata pt. 2
mercoledì, maggio 20, 2020Eccoci con la seconda parte della tragica esistenza dell'attrice Frances Farmer (trovate la prima qui).
Le sue risposte insolenti davanti al giudice le costano la condanna a scontare gli originari 180 giorni che le erano stati imposti, sembra addirittura che abbia scagliato un calamaio in direzione del giudice. L’attrice, alla richiesta che si vede negare di potersi rivolgere ad un avvocato, reagisce in modo violento, colpendo gli agenti che le stanno intorno e che sono costretti a metterle una camicia di forza per condurla in cella. Le foto finiscono su tutti i giornali del Paese, mentre la madre Lillian alla stampa dichiara che in realtà si tratta di una trovata pubblicitaria per studiare l’esperienza carceraria in un futuro film di Frances.
La Farmer inizia a lavorare presso la lavanderia del Fairmont Olympic Hotel di
Seattle (lo stesso albergo che l'aveva ospitata durante le riprese del film Ambizione) e sempre nel 1954 sposa d’impeto l’ingegnere Alfred Lobley: il
matrimonio ha vita breve e Frances sale su autobus alla volta di Eureka in
California per iniziare una nuova vita. Con il nome di Frances Anderson inizia
a lavorare come segretaria e receptionist fino a quando nel 1957 conosce l’agente
televisivo Leland Mikesell di Indianapolis che le prospetta il ritorno al
successo (nel frattempo i due si innamorano e sposano).
Dopo la sua scomparsa la giornalista Kibbee abbandona il progetto del libro,
mentre Jeanira Ratcliffe amica dell’attrice intuendone le potenzialità
commerciali raccoglie tutto il materiale e lo sensazionalizza pubblicandolo nel
1972 con il titolo Will there really be a morning (dalla poesia di Emily
Dickinson "Verrà davvero il mattino") al quale aggiunge An autobiography by
Frances Farmer, pubblicato dalla Farmcliffe Enterprises, nato dalla fusione
dei cognomi Farmer e Radcliffe.
Nel 1978 escono due libri, Look back in love una biografia scritta dalla sorella di Frances, Edith, e un testo scritto dal giornalista William Arnold dal titolo Shadowland in forma di romanzo biografato .
Nel 1982 il regista Graeme Clifford realizza il film "Frances", un biopic (biographical motion picture), cioè una pellicola che drammatizza la vita di personaggi realmente esistiti: in particolare in questo film vengono mostrate le violenze subite da Frances Farmer mentre è ricoverata nell’ospedale psichiatrico così come viene mostrata la scena della lobotomizzazione. Il film chiaramente si ispira al libro di Arnold senza citarlo esplicitamente per non corrispondergli i diritti d’autore, così Arnold porta in giudizio la BrooksProduction; questa si difende dicendo di aver preso notizie sulla vita dell’attrice che erano di pubblico dominio, ed è a quel punto che lo scrittore dice che diversi episodi tra cui la lobotomia sono stati da lui “fictionalizzati”, cioè sono frutto di una sua creazione originale. Questo non solo determinerà per lui la perdita della causa ma gli costerà anche un’aspra critica per aver venduto un libro spacciandolo per vero senza aver mai menzionato di aver romanzato certe parti. Rimane comunque indiscusso il fatto che sia Jessica Lange, che ha vestito i panni di Frances, che Kim Stanley, interprete della madre Lillian, hanno fornito performance eccellenti e sono state per questo candidate entrambe all’Oscar.
Negli anni seguenti lo storico del cinema Jeffrey Kauffmann ha individuato inesattezze nel libro di Arnold e nel film, arrivando a contestare il fatto che la Farmer abbia subito tale intervento nell’articolo Shedding Light on Shadowland: The Truth about Frances Farmer. Tra le prime motivazioni Kauffmann spiega che il dott. Walter Freeman, il neurologo e psichiatra padre della lobotomia transorbitale (il cui motto era "La lobotomia li riporta a casa"), nella sua carriera non ha perso occasione di esaltare i benefici del trattamento, ed è difficile credere che avrebbe rinunciato alla pubblicità derivante dall’aver trattato una paziente famosa; peraltro non la menziona in nessuno dei suoi documenti (diversamente da Rosemary Kennedy, sorella di John Fitzgerlad futuro Presidente americano, che era stata una sua paziente) e comunque Frances non sarebbe rientrata tra i candidati ideali per la cura che doveva intervenire su pazienti che presentavano sintomi della psicosi da meno di un anno, mentre lei li manifestava da almeno quattro.
Il libro di Arnold riporta il celebre scatto del medico intento a operare una paziente dal volto semi coperto sostenendo si tratti proprio di Frances, ma Kauffmann riesce a recuperare l’intero servizio fotografico dell’epoca e attraverso foto provenienti da altre angolazioni mostra chiaramente che non si tratti della Farmer, e riesce a dimostrare che la medesima paziente dello scatto era stata fotografata qualche minuto prima mentre uno degli assistenti del dott. Freeman, il dott. James Shanklin, le stava praticando l'elettroshock prima di procedere alla lobotomia, dimostrando che non si tratta di Frances Farmer.
La sorella Edith nel libro Look back in love ha inoltre dichiarato che il padre durante il ricovero di Frances si sia recato personalmente al Western State Hospital diffidando i medici dal praticare la lobotomia o altre operazioni invasive sulla figlia: "Se proverete uno dei vostri interventi da cavia di laboratorio vi ritroverete sulla testa una causa legale dannatamente grande".
All’uscita del libro non era possibile recuperare l’intervista di Frances per la trasmissione That’s your life, mentre l’avvento di internet l’ha resa disponibile a chiunque e risulta evidente di come l’attrice, per quanto sicuramente provata da ciò che ha passato, è assolutamente presente a se stessa e si esprime con decisione, addirittura è chiaramente infastidita da alcune domande del conduttore: tutto questo sarebbe impensabile per chi ha subito una procedura invasiva come la lobotomia che comporta una sorta di appiattimento dell’emotività ed una restrizione delle capacità intellettive. La stessa Farmer nelle registrazioni del 1968 ha affermato che alcune pazienti dell’ospedale avessero pregato di essere lobotomizzate per porre fine alle proprie crisi, specificando che invece lei non l’aveva subita.
Sono state messe in discussione anche le violenze subite all’istituto, smentite sia da altre pazienti che dalle infermiere, anche se un’inchiesta del 1949 ha comunque messo in luce gravi problemi organizzativi della struttura che ospitava più pazienti del previsto i quali non riuscivano a ricevere le cure che meritavano.
IL TRACOLLO
Il 19 ottobre del 1942 nei pressi di Santa Monica Frances
viene fermata da un agente di polizia mentre si trova a bordo della sua auto
che le contesta di guidare a fari accesi in una zona soggetta a oscuramento per
via della guerra. La Farmer reagisce e scoppia un’accesa discussione al termine
della quale la donna viene arrestata per guida in stato di ebbrezza e senza
patente di guida. La condannano a 180 giorni di reclusione e una multa di 500
dollari, anche se le viene concessa la libertà vigilata. Frances viene
ingaggiata dal mediocre studio Monogram Pictures per il film "No escape", ma
durante il primo giorno di riprese Frances ha una discussione con una delle
parrucchiere sul set e arriva a colpirla lussandole la mascella. Sulla base di
questa denuncia e il fatto che la Frances non si sia mai presentata all’ufficiale
di controllo della libertà vigilata, scatta l’arresto: il 14 gennaio del 1943
degli agenti irrompono nella stanza in cui alloggia al Knickerbocker Hotel di
Hollywood (lo stesso in cui trascorsero la luna di miele Joe Di Maggio e Marilyn Monroe nel 1954). Addirittura pare che la Farmer si sia rifugiata in bagno in stato di
shock e che i poliziotti abbiano forzato la porta e l’abbiano trascinata
completamente nuda fino alla Hall dell’albergo. Le sue risposte insolenti davanti al giudice le costano la condanna a scontare gli originari 180 giorni che le erano stati imposti, sembra addirittura che abbia scagliato un calamaio in direzione del giudice. L’attrice, alla richiesta che si vede negare di potersi rivolgere ad un avvocato, reagisce in modo violento, colpendo gli agenti che le stanno intorno e che sono costretti a metterle una camicia di forza per condurla in cella. Le foto finiscono su tutti i giornali del Paese, mentre la madre Lillian alla stampa dichiara che in realtà si tratta di una trovata pubblicitaria per studiare l’esperienza carceraria in un futuro film di Frances.
Frances dopo
una breve permanenza in carcere grazie all'intercessione della sorella vice-sceriffo della Contea di Los Angeles viene trasferita il 20 gennaio nell’Ospedale
Psichiatrico General Hospital di Los Angeles e qui le viene diagnosticata
una
psicosi maniaco depressiva. La Farmer dopo poco viene trasferita al Kimball Sanitarium La
Crescenta
nella San Fernando Valley, un istituto psichiatrico di minima sicurezza dove trascorre 9 mesi nei quali in seguito ad una diagnosi di schizofrenia la sottopongono a shock insulinici e idroterapici, due terapie all’epoca
ritenute
efficaci ma in realtà deleterie, consistenti in iniezioni di insulina e
bagni
in acqua gelata per provocare convulsioni e coma per calmare i nervi dei
pazienti (gli stessi trattamenti che subirono le attrici Vivien Leigh e
Gene Tierney). Nel settembre del 1943 viene dimessa e mandata a vivere con la sorellastra Rita. Frances racconta alla madre i terribili trattamenti subiti nell'istituto e Lillian riesce a farsi affidare la custodia della figlia. Dopo alcuni mesi di convivenza impossibile
Lillian
si rivolge al tribunale per far dichiarare la figlia inferma mentalmente
e per
farla ricoverare in un istituto psichiatrico. Il 23 marzo del 1944 il
giudice
ordina il suo internamento all’ospedale Western State Hospital a Lakewood nello Stato di Washington nel quale le viene praticato per 3 mesi il trattamento shock
elettroconvulsivo
(meglio noto come elettroshock) che provoca in Frances perdita della
memoria ed uno stato di
confusione. Dopo questo periodo la Farmer viene dichiarata guarita e
affidata
nuovamente alla madre.
Nel maggio del 1945 tuttavia la madre chiede nuovamente che Frances sia ricoverata a Lakewood perché rappresenta un pericolo per se stessa e gli altri: l’attrice stavolta trascorrerà in questa struttura 5 anni ed è a questo periodo che verrebbe fatta risalire la lobotomia subita dalla Farmer (ipotizzata nel 1949). Diverse sono le ragioni che fanno però propendere perché ciò non sia accaduto. Il 23 marzo del 1950 Frances viene dimessa e torna a vivere con la madre anziana che necessita della sua assistenza, ma nel ’53 riesce a far invalidare la custodia e rientrare in possesso dei suoi diritti civili.
Nel maggio del 1945 tuttavia la madre chiede nuovamente che Frances sia ricoverata a Lakewood perché rappresenta un pericolo per se stessa e gli altri: l’attrice stavolta trascorrerà in questa struttura 5 anni ed è a questo periodo che verrebbe fatta risalire la lobotomia subita dalla Farmer (ipotizzata nel 1949). Diverse sono le ragioni che fanno però propendere perché ciò non sia accaduto. Il 23 marzo del 1950 Frances viene dimessa e torna a vivere con la madre anziana che necessita della sua assistenza, ma nel ’53 riesce a far invalidare la custodia e rientrare in possesso dei suoi diritti civili.
RICOMINCIARE A VIVERE
Frances insieme ad Alfred Lobley e Leland Mikesell, secondo e terzo marito |
Nel dicembre dello stesso anno viene intervistata dalla
rivista Modern Screen alla quale rivela “Non incolpo nessuno per il mio crollo
(…) penso di aver vinto la battaglia per il controllo di me stessa”. Viene
invitata in due puntate dell’Ed Sullivan Show nel quale si esibisce cantando la
canzone Aura Lee del film Ambizione. Infine accetta l’invito a partecipare
nella trasmissione This is your life di Ralph Edwards per chiarire definitivamente
la propria storia.
Frances riesce a tornare a teatro prendendo parte all’allestimento
di Il giardino di gesso a New Hope in Pennsylvania e la Paramount le
offre un ruolo nel film The Party Crasher del 1958 (che sarà però il suo
ultimo).Nel 1959 l’emittente locale di Indianapolis le offre una
trasmissione introduttiva dei film pomeridiani Frances Farmer Presents
anche se nel 1964 i suoi demoni fanno ritorno: le esplosioni di rabbia e l’abuso
di alcol le costano il lavoro. Nel 1968 inizia a lavorare a un’autobiografia
incidendo delle musicassette per la giornalista di professione ghostwriter Lois
Kibbee che ha il compito di organizzare in una forma coerente.
Il primo agosto del 1970 Frances Farmer muore a causa di un cancro all’esofago a soli 56 anni.
FIUMI DI INCHIOSTRO VERSATO
Nel 1978 escono due libri, Look back in love una biografia scritta dalla sorella di Frances, Edith, e un testo scritto dal giornalista William Arnold dal titolo Shadowland in forma di romanzo biografato .
Nel 1982 il regista Graeme Clifford realizza il film "Frances", un biopic (biographical motion picture), cioè una pellicola che drammatizza la vita di personaggi realmente esistiti: in particolare in questo film vengono mostrate le violenze subite da Frances Farmer mentre è ricoverata nell’ospedale psichiatrico così come viene mostrata la scena della lobotomizzazione. Il film chiaramente si ispira al libro di Arnold senza citarlo esplicitamente per non corrispondergli i diritti d’autore, così Arnold porta in giudizio la BrooksProduction; questa si difende dicendo di aver preso notizie sulla vita dell’attrice che erano di pubblico dominio, ed è a quel punto che lo scrittore dice che diversi episodi tra cui la lobotomia sono stati da lui “fictionalizzati”, cioè sono frutto di una sua creazione originale. Questo non solo determinerà per lui la perdita della causa ma gli costerà anche un’aspra critica per aver venduto un libro spacciandolo per vero senza aver mai menzionato di aver romanzato certe parti. Rimane comunque indiscusso il fatto che sia Jessica Lange, che ha vestito i panni di Frances, che Kim Stanley, interprete della madre Lillian, hanno fornito performance eccellenti e sono state per questo candidate entrambe all’Oscar.
Negli anni seguenti lo storico del cinema Jeffrey Kauffmann ha individuato inesattezze nel libro di Arnold e nel film, arrivando a contestare il fatto che la Farmer abbia subito tale intervento nell’articolo Shedding Light on Shadowland: The Truth about Frances Farmer. Tra le prime motivazioni Kauffmann spiega che il dott. Walter Freeman, il neurologo e psichiatra padre della lobotomia transorbitale (il cui motto era "La lobotomia li riporta a casa"), nella sua carriera non ha perso occasione di esaltare i benefici del trattamento, ed è difficile credere che avrebbe rinunciato alla pubblicità derivante dall’aver trattato una paziente famosa; peraltro non la menziona in nessuno dei suoi documenti (diversamente da Rosemary Kennedy, sorella di John Fitzgerlad futuro Presidente americano, che era stata una sua paziente) e comunque Frances non sarebbe rientrata tra i candidati ideali per la cura che doveva intervenire su pazienti che presentavano sintomi della psicosi da meno di un anno, mentre lei li manifestava da almeno quattro.
Il libro di Arnold riporta il celebre scatto del medico intento a operare una paziente dal volto semi coperto sostenendo si tratti proprio di Frances, ma Kauffmann riesce a recuperare l’intero servizio fotografico dell’epoca e attraverso foto provenienti da altre angolazioni mostra chiaramente che non si tratti della Farmer, e riesce a dimostrare che la medesima paziente dello scatto era stata fotografata qualche minuto prima mentre uno degli assistenti del dott. Freeman, il dott. James Shanklin, le stava praticando l'elettroshock prima di procedere alla lobotomia, dimostrando che non si tratta di Frances Farmer.
La sorella Edith nel libro Look back in love ha inoltre dichiarato che il padre durante il ricovero di Frances si sia recato personalmente al Western State Hospital diffidando i medici dal praticare la lobotomia o altre operazioni invasive sulla figlia: "Se proverete uno dei vostri interventi da cavia di laboratorio vi ritroverete sulla testa una causa legale dannatamente grande".
All’uscita del libro non era possibile recuperare l’intervista di Frances per la trasmissione That’s your life, mentre l’avvento di internet l’ha resa disponibile a chiunque e risulta evidente di come l’attrice, per quanto sicuramente provata da ciò che ha passato, è assolutamente presente a se stessa e si esprime con decisione, addirittura è chiaramente infastidita da alcune domande del conduttore: tutto questo sarebbe impensabile per chi ha subito una procedura invasiva come la lobotomia che comporta una sorta di appiattimento dell’emotività ed una restrizione delle capacità intellettive. La stessa Farmer nelle registrazioni del 1968 ha affermato che alcune pazienti dell’ospedale avessero pregato di essere lobotomizzate per porre fine alle proprie crisi, specificando che invece lei non l’aveva subita.
Sono state messe in discussione anche le violenze subite all’istituto, smentite sia da altre pazienti che dalle infermiere, anche se un’inchiesta del 1949 ha comunque messo in luce gravi problemi organizzativi della struttura che ospitava più pazienti del previsto i quali non riuscivano a ricevere le cure che meritavano.
Alla fine Frances Farmer è stata ridotta più a un prodotto
culturale il cui mito ha finito per oscurare la vera vita, seppure drammatica,
dell’attrice. Il mondo dello spettacolo comunque non le è stato particolarmente
vicino, basti pensare che la giornalista di cronaca mondana Louella Parsons le
ha dedicato questo titolo maligno: “La Cenerentola di Hollywood è tornata alle
ceneri del focolare scivolando su una strada irrorata di alcool” (Qui trovate il mio articolo sulla diabolica giornalista e la sua altrettanto perfida collega Hedda Hopper).
p.s. Nel settembre del 1993 la rockband Nirvana ha pubblicato la canzone "Frances Farmer Will Have Her Revenge on Seattle" (letteralmente Frances Farmer si vendicherà di Seattle). Inoltre ha chiamato Frances la figlia avuta insieme alla cantante Courtney Love.
p.s. Nel settembre del 1993 la rockband Nirvana ha pubblicato la canzone "Frances Farmer Will Have Her Revenge on Seattle" (letteralmente Frances Farmer si vendicherà di Seattle). Inoltre ha chiamato Frances la figlia avuta insieme alla cantante Courtney Love.
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